“La ricchezza” di Marco Montemarano
di Chiara Gulino / 17 gennaio 2014
A volte uno passa tutta la vita a rammaricarsi per come sono andati certi fatti, determinanti per la propria e altrui esistenza, e poi un bel giorno basta una parola – magari detta sottovoce da un conoscente, testimone del nostro passato – per scompaginare tutto.
Allora si scopre che la nostra vita non è andata come ce la siamo raccontata finora. E mentre il tempo ci passa accanto, vediamo il pavimento, sul quale fino a poco prima pensavamo di camminare agevolmente ben saldi a terra, vacillare paurosamente, presi da vertigini violente quanto le scosse di un catastrofico terremoto che sconquassa persino le fondamenta.
Quindi chi siamo veramente? Come ricomporre quei frammenti di sé andati in mille pezzi? Come combinarli se non combaciano più come prima?
Con la maestria dei più navigati scrittori, Marco Montemarano, musicista, giornalista e traduttore oltre che scrittore, costruisce un romanzo da cui è difficile separarsi una volta fatta la conoscenza dei protagonisti di questa storia generazionale: La ricchezza (Neri Pozza, 2013).
Si avverte innanzitutto la voglia di tornare a un’epoca – metà/fine anni Settanta, con tutte le sue contraddizioni politiche e sociali – per la quale l’autore nutre una specie di nostalgia e coltiva il desiderio di rivivere.
I personaggi sono tutti segnati dalle stimmate dell’inadeguatezza e dalla mancanza di una vera proiezione verso il futuro: Fabrizio Pedrotti, ammirato e temuto dai coetanei, «che a quattordici anni era alto un metro e ottantacinque, stava in piedi in mezzo alla cameretta come se il suo corpo fosse un fantoccio ingiustificabile e non sapesse come disfarsene»; Mario, fragile e disadattato, schiacciato dal carisma e letteralmente dalla mole del fratello maggiore; Maddalena Pedrotti, «quella ragazza quasi adulta, coi ricci dai colori di certe alghe scure», inquieta e in fuga dai suoi sentimenti; e infine Giovanni, voce narrante e miglior amico dei fratelli Pedrotti, che Fabrizio soprannominerà Hitchcock, a cui alla fine non sembrerà di appartenere alla vita fino ad allora vissuta.
È Giovanni che quindi ci introduce nella lussuosa casa dei figli dell’onorevole Pedrotti ed è sempre lui a volersi immischiare nella relazione di amore/odio fra i due fratelli.
C’è poi Maddalena, amore adolescenziale che finirà per condizionare anche le relazioni sentimentali future di Giovanni Hitchcock, per la sua cronica tendenza a rimandare di chiarire alcuni nodi irrisolti.
A volte basterebbe parlarsi, ma la reazione dell’altro al disvelamento del proprio profondo sentire fa troppa paura e grande è il timore di un rifiuto. Così passa il tempo che ingarbuglia tutto rendendo inestricabili quei nodi di cui sopra.
Sono il tempo e l'inesorabile allontanarsi dagli anni della giovinezza il vero nemico, insieme alla memoria a volte ingannevole e piena di vuoti che occorre in qualche modo riempire. Giovanni allora comincia a riempire dei quadernetti «per tentare di riavvicinarmi all’altro io che ero stato da ragazzo, per provare a tappare i buchi».
Vincitore del primo Premio nazionale di Letteratura Neri Pozza, Montemarano è tutt’altro che uno scrittore alle prime armi (in realtà è al suo secondo romanzo, il primo, Acqua passata, è uscito solo in ebook). Lo si intuisce dalla maturità della scrittura e dall’abilità nel plasmare la materia narrativa.
È con quella stessa «nostalgia priva di ricordi» che i lettori di questo coinvolgente romanzo dovrebbero tuffarsi in questa storia inventata quanto plausibile per provare quanto sia difficile costruire e tenere in piedi per tutta la vita una propria coerente identità.
(Marco Montemarano, La ricchezza, Neri Pozza, 2013, pp. 272, euro 16,50)
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