“Last Vegas” di Jon Turtletaub
di Francesco Vannutelli / 21 gennaio 2014
Sei premi Oscar in quattro, nove candidature in totale senza contare gli altri premi internazionali, capolavori infiniti a costellare la carriera. Sono queste le caratteristiche che accomunano Robert De Niro, Michael Douglas, Morgan Freeman e Kevin Kline (l’ordine è rigorosamente alfabetico), i quattro protagonisti di Last Vegas, buddy movie allargato in salsa geriatrica che porta i quattro divi a Las Vegas per un ultimo fine settimana di follie.
Sammy, Billy, Paddy e Archie sono amici da quando poco più che bambini scorrazzavano per Brooklyn e si facevano chiamare i Flatbush Four, dal nome della zona che bazzicavano. Sono passati cinquantotto anni, non vivono più uno accanto all’altro ma sono ancora amici. Sam si è ritirato in un pensionato in Florida con la moglie e le sue protesi in titanio, Archie passa le giornate appresso all’adorata nipotina sopportando il figlio iper-apprensivo, mentre Paddy, chiuso in casa da solo, continua a pensare alla moglie scomparsa da un anno, la donna che ha sempre amato sin da quando era la ragazza del gruppo. Sono tre vecchietti più o meno rassegnati al riposo. Solo Billy è diverso, con la sua villa di Malibu, i suoi capelli e denti ancora perfetti, la sua vita frenetica, la fidanzata trentenne, amata più come amuleto contro la vecchiaia che come persona, che decide di sposare. È per celebrare il matrimonio che convoca i tre amici storici a Las Vegas per l’addio al celibato, un tentativo oltre tempo massimo di essere ancora giovani come quando erano i Flatbush Four. Nella capitale del vizio, i quattro si lasceranno andare a feste, cocktail, tentazioni sessual/sentimentali, mentre Paddy e Billy avranno modo di risolvere, finalmente, il sospeso che si portano dietro dall’infanzia.
Se non fosse per i suoi quattro interpreti, Last Vegas non sarebbe assolutamente capace di esercitare alcun tipo di attrattiva sul pubblico. Non è che si sentisse la necessità dell’ennesimo film variazione sul tema addio al celibato tra gli sballi di Las Vegas. Il regista Jon Turtletaub, abituato a un cinema di azione che non bada troppo a trame stupefacenti (i tre film con Nicolas Cage: i due della serie National Treasure e L’apprendista stregone), assieme agli sceneggiatori Adam Brooks (esperto in commedie romantiche) e Dan Fogelman (autore anche del soggetto, scuola Disney-Pixar) confezionano una storia lineare e prevedibile, serenamente destinata al lieto fine che rapidamente si intuisce essere diverso dal matrimonio preventivato. L’intuizione di trapiantare i quattro anziani tra le nuove frontiere della perdizione esaurisce in fretta il proprio slancio dopo l’iniziale gioco di contrasto con i giovani e le loro abitudini infilandosi nella rassicurante galleria di stereotipi generazionali.
I quattro attori, fortunatamente, danno brio e spontaneità, gareggiando con scambi di battute che tralasciano il politicamente corretto e ridono amaramente della terza età. Si divertono tra di loro, e il divertimento arriva allo spettatore, soprattutto nella prima parte che non si preoccupa di indagare i motivi della rivalità tra Billy (Douglas) e Paddy (De Niro) e di sviluppare la trama sentimentale con la cantante jazz Diana (Mary Steenburgen), che i quattro incontrano appena arrivati a Vegas, lasciandosi andare a momenti di sincera comicità. Sono soprattutto i personaggi di Sammy e Archie ad avere il compito di mantenere il registro sulla commedia. Kevin Kline e Morgan Freeman formano un’inattesa e funzionale coppia comica. De Niro, in un’operazione che ha qualcosa di analogo con quanto visto nel recente Il grande match, propone una variante più dissacrante del suo personaggio tipo di ex bullo di strada dal cuore d’oro, mentre Douglas, elegante, impeccabile e ricco, sembra un Gekko senza ferocia
(Last Vegas, di Jon Turtletaub, 2013, commedia, 105’)
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