“Gigolò per caso” di John Turturro

di / 15 aprile 2014

C’è la recessione economica e le sue conseguenze. A New York, Fioravante, un italoamericano di cinquant’anni, lo sa bene e si inventa come può per guadagnarsi il giorno: fioraio, anzi, compositore floreale, elettricista, idraulico. Un factotum vecchia maniera con indole riflessiva e spirito poetico. Ama una donna tunisina che non vede mai e con cui non ha una lingua da condividere se non l’italiano che entrambi conoscono poco («è difficile parlare d’amore usando solo il tempo presente»), ma non pensa ad altre donne. Un giorno il suo amico Murray, un po’ mentore un po’ compare, è costretto a chiudere la sua libreria di volumi rari («sono ormai più rari i lettori»). Per trovare un modo di fare soldi convince Fioravante a provarsi nel ruolo di gigolò con delle signore che Murray conosce. Sembra incredibile, ma funziona, e Fioravante si trova a soddisfare richieste di ogni tipo, dalla curiosità bisessuale di due ricche casalinghe annoiate al bisogno di semplice contatto fisico di una vedova ebrea ortodossa che potrebbe diventare amore.

John Turturro coltiva l’idea del Gigolò per caso, la sua quinta regia, da anni. Cancella il copione, lo riscrive, lo aggiusta. La leggenda dei comunicati stampa vuole che un giorno abbia inventato lo spunto di partenza chiacchierando con il suo barbiere che l’ha trovato esilarante e l’ha raccontato a un altro suo affezionato cliente, Woody Allen. Anche Allen l’ha trovata efficace e ha chiamato Turturro per farsi mandare una bozza di copione. Lo ha letto, lo ha criticato, ha suggerito correzioni e aggiunte e poi alla fine ha accettato il ruolo di Murray. Sarebbe nato così Gigolò per caso.

È un film di Turturro a tutti gli effetti, ma la presenza di Woody Allen, in una forma strepitosa, lo connota e lo rafforza nei suoi momenti e nelle sue trovate migliori, facendo di Murray un parente di Broadway Danny Rose, garantendo con la sola presenza del regista-attore uno specifico sigillo di garanzia di commedia newyorkese. Ma è la guida di Turturro a dare intensità e forza autonoma a Gigolò per caso, perché la commedia si contamina di multietnico, mostrando una New York al di là dei ponti nelle divisioni di Brooklyn, con gli ebrei hassidici di Williamsbourgh che fanno comunità autonoma con tanto di un loro corpo di polizia, lo Shomrim, e i loro tribunali religiosi, l’unione di Murray con una donna afroamericana e i suoi figli, il bilinguismo di Fioravante. Multietnicismo vuol dire solitudine per John Turturro. È solo il suo Fioravante con i suoi mille lavori e la sua piccola casa, sono sole le donne che consola con il sesso, è sola Avigal (una convincente Vanessa Paradis), la vedova ebrea, assistita e protetta dalla comunità, e in particolare dall’agente Dovi, ma costretta a un isolamento emotivo per le tradizioni sul lutto. È solo anche Murray, nonostante la famiglia e gli impegni, privato del lavoro che era di suo padre e sperduto, in una condizione molto alleniana, di fronte al riproporsi imperioso di quella religiosità che aveva marginalizzato nella vita. Sono tutti soli, ma la salvezza c’è, è possibile, non necessariamente nell’amore quanto piuttosto nella semplice disponibilità dell’incontro, del sorriso, dell’ascolto.

Dopo Romance & Cigarettes e Passione, Turturro conferma la centralità assoluta della musica nella sua idea di cinema facendo ballare i suoi personaggi su arrangiamenti jazz di classici internazionali tra cui spicca Tu si’ na cosa grande cantata da Vanessa Paradis.

La verosimiglianza non importa in Gigolò per caso (e dovrebbe essere chiaro sin dall’idea iniziale di Turturro di porsi come maschio irresistibile), così come il timore di cadere nel luogo comune. Anzi, i luoghi comuni sono proprio la fonte da cui Turturro attinge per spunti e sviluppi – lo stallone italiano, l’affarista ebreo, la casalinga insoddisfatta, il fondamentalismo religioso – declinandoli con leggerezza e garbo. Sharon Stone e Sofia Vergara fanno le mogli smaniose, Liev Schreiber il geloso Dovi. Esilarante la sequenza del processo ebraico.

 

(Gigolò per caso, di John Turturro, 2013, commedia, 98’)

 

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