“Neorealismo. Il nuovo cinema del dopoguerra” di Stefania Parigi
di Michele Lupo / 25 aprile 2014
Stabilito – si spera una volta per tutte – che «l’immagine non è mero rispecchiamento di una realtà esistente nella sua oggettiva evidenza», con buona pace di qualche «anacronistico bigotto del realismo vecchio stile», emerge forte la necessità di fare punto e a capo con una faccenda apparentemente ovvia e in realtà proprio per questa finita coi decenni in una nebulosa insipienza.
«Una parola per tanti usi», scrive Stefania Parigi, docente di Storia del Cinema Italiano presso l’Università degli Studi Roma Tre, a proposito di Neorealismo – titolo del ponderoso saggio con il quale la studiosa propone una sistemazione (per quanto possibile) definitiva, chiarificatrice, puntuale dell’argomento. La Parigi illustra con molta lucidità la gamma di questioni che il cosiddetto neorealismo ha tenuto aperte non semplicemente come fenomeno filmico (cosa, dove è “la realtà” quando parliamo di estetica, di scrittura – non è un caso che di cinema si occupa sempre più la filosofia) ma nell’immaginario e nella coscienza della storia nazionale. L’impresa dell’analisi sta nel definire e circoscrivere intanto «forme, generi, temi e figure» affini e le variabili fra gli episodi centrali dell’immediato dopoguerra; poi da una parte i prodromi più o meno consapevoli e dall’altra le propaggini degli anni successivi.
Parliamo di un acme del cinema italiano e di una stagione particolarmente felice della storia del cinema mondiale; le soluzioni furono molteplici. Dai prodromi di Ossessione di Visconti a I bambini ci guardano di De Sica, i preannunci si spostano dalla storia (la faccenda di corna in De Sica essendo alfine banale rispetto a quella del futuro autore di La terra trema) allo sguardo: il punto di vista dell’infante che spostava sul tragico la pur accesa notifica di un mondo falso, quello borghese, che aveva trovato nel fascismo la sua cappa plumbea quanto rassicurante.
Cesare Zavattini vi giocò un ruolo imprescindibile, e fu anche il più tenace e convinto nella custodia anche nominale dell’espressione. Il binomio con De Sica come tutti sanno costruisce uno degli apici dell’arte cinematografica – pur paradossale se si accetta (ricorda Stefania Parigi) la “frase leggendaria” con cui André Bazin cifrava definitivamente uno dei capolavori del Novecento: «Ladri di biciclette è uno dei primi esempi di cinema puro. Niente più attori, niente più storia, niente più messa in scena, cioè finalmente nell’illusione estetica perfetta della realtà: niente più cinema» – che è un modo per intendere, attraverso «una poetica quasi ascetica» la direzione impressa alla rappresentazione del neorealismo.
In Italia il termine viene utilizzato per Roma città aperta ma appare come un prestito mutuato dalla produzione francese degli anni trenta (fra Renoir, Duvivier e Carné); e impiega qualche anno per essere usato sistematicamente – da noi, si preferiva parlare di verismo. «L’identità è controversa», insomma, ed è con lo stesso Rossellini che il problema si complica, la critica coeva biasimando in maniera un po’ ottusa il fatto che il grandissimo regista non ne seguisse pedissequamente i dettami. Rossellini poteva esser ellittico, persino incomprensibile per molti, specie in Paisà, dove rifuggiva dalla consequenzialità narrativa e da ogni oppressione di sceneggiatura (ovviamente, il genio di Fellini vedeva oltre e parlava del film come di «una spirale di vita e invenzione, di osservazione e creatività»). Per non dire di come fu trattato Germania anno zero, visto come opera frammentaria e persino spiritualista. «Un’estetica delle macerie» si sostituiva alla «vecchia mitologia ottocentesca della rovina: essa è il risultato dell’”azione devastante della storia». Il cinema neorealista nei suoi esiti migliori invece di compiacersene tenta una «rifondazione dell’immagine» e vi riesce splendidamente.
Il libro di Stefania Parigi, molto denso e corposo, ne dà ragione ed esibisce tutte le caratteristiche per diventare uno studio sull’argomento imprescindibile.
(Stefania Parigi, Neorealismo.Il nuovo cinema del dopoguerra, Marsilio, 2014, pp. 368, euro 25)
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