“Ender’s Game” di Gavin Hood
di Francesco Vannutelli / 29 ottobre 2013
In un futuro non meglio specificato la Terra si trovò a combattere contro i Formic, pericolosa specie aliena che invade i pianeti per depredarne le risorse. Gli umani si salvarono solo grazie al gesto di un coraggioso aviatore, Mazer Rackham, che si lanciò con il suo aereo contro la nave madre aliena sacrificandosi per distruggerla. In un futuro ulteriore la Terra ha ripreso la normale vita prima dell’attacco. I Formic non si sono mai più manifestati ma il livello di allerta è sempre molto alto. Il colonnello Graff, responsabile della sicurezza del pianeta, cerca nuovi aviatori da reclutare tra i bambini più promettenti in giro per gli Stati Uniti. I migliori vengono selezionati e portati nella sede orbitante della Scuola di guerra. Lì vengono preparati a fronteggiare un nuovo attacco tra simulazioni e educazione militare. Ender Wiggin ha dodici anni quando entra nella Scuola. Sarà lui a passare alla Scuola di comando e a dover fronteggiare i Formic per l’ultima volta.
Sono anni che a Hollywood circola l’idea di adattare per lo schermo Il gioco di Ender, cult fantascientifico datato 1985 scritto da Orson Scott Card (in Italia è pubblicato dalla casa editrice Nord). Noto soprattutto tra gli appassionati di sci-fi, il libro ha travalicato i confini di genere negli Stati Uniti finendo per divenire, addirittura, libro di testo in alcune tra scuole e accademie militari. È l’attenzione al concetto di leadership ad aver catalizzato gli interessi di natura pedagogica. Il mondo che Scott ha realizzato prevede una sospensione del giudizio morale canonico in nome della difesa dell’interesse più elevato della sicurezza complessiva. Nel trasporlo per il cinema, il sudafricano Gavin Hood, regista e sceneggiatore, ha mantenuto intatto il messaggio machiavellico di morale di scopo evidenziando la distorsione che la logica della difesa a tutti i costi comporta sulla naturale attitudine dei bambini costretti a divenire soldati e ad assumersi incarichi di enorme responsabilità.
Il giovanissimo Ender, brillante sin dalla nascita fortemente voluta dai genitori, avvenuta in deroga alla legge demografica che impone un massimo di due figli per famiglia, ha visto la normalità della sua infanzia sacrificata in nome della meta ultima della Scuola di guerra. Come lui, centinaia di altri adolescenti sono cresciuti con un indottrinamento militare. Per il colonnello Graff (Harrison Ford, ancora una volta alle prese con lo spazio) questo è il solo modo per affrontare il nemico, formando le nuove generazioni rimuovendo il normale processo di crescita. Ogni forma di giudizio morale sul coinvolgimento di bambini in guerra è sospesa. Non la pensa così il maggiore Anderson (Viola Davis), secondo ufficiale della Scuola, che ritiene necessario ricordare che, in fondo, si tratta sempre di bambini e che la minaccia dei Formic è poco più di un’ipotesi di studio, ormai. È uno scontro weberiano tra due diversi modi di intendere la moralità: l’etica dell’intenzione, dal lato di Graff, che guarda solo allo scopo ultimo da raggiungere tenendo conto solo di principi assoluti – in questo caso la sicurezza mondiale contro la minaccia aliena – che prescindono dalle conseguenze delle singole azioni, e l’etica della responsabilità di Anderson, che dà a ogni gesto il giudizio necessario di bene e male.
Gavin Hood si era già avvicinato all’infanzia negata da una crescita precipitosa e obbligata con Il suo nome e Tsotsi, Oscar nel 2006 per il miglior film straniero. Con Ender’s Game torna ad analizzare la perdita dell’innocenza passando dall’ambiente criminale della baraccopoli sudafricana di Tsotsi alla realtà istituzionale di Ender. Cambia il motivo, ma il senso della negazione è lo stesso.
Accanto a effetti speciali di primo ordine che accompagnano le battaglie stellari e le animazioni in CGI del mind-game psicanalitico che guida Ender c’è un non trascurabile bagaglio di riflessione sul senso dell’attesa di un nemico invisibile, quasi un Deserto dei Tartari trasportato dalla Terra allo spazio, che ricorda un po’ la minaccia terrorista per gli Stati Uniti e l’intero Occidente.
Lo scopo del film è esclusivamente quello di divertire, non di far riflettere. Forse gli riesce meglio la seconda cosa, il che vuol dire che qualcosa non funziona.
I libri del Ciclo di Ender sono attualmente sedici. Prepariamoci al peggio per i prossimi anni.
(Ender’s Game, di Gavin Hood, 2013, fantascienza, 114’)
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