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Elio Pecora al “Parma Poesia Festival”
di Angelo Gasparini / 20 giugno
Si è aperta questo mese la settima edizione del Parma Poesia Festival, quest’anno dedicato alla memoria di Attilio Bertolucci, parmigiano doc e grande protagonista della letteratura del Novecento. In questi mesi, si celebra il centenario della sua nascita. La manifestazione ha lo scopo sensibilizzare il grande pubblico alla lettura della più nobile delle arti, cercando di pubblicizzarla in un underground letterario composto dalle più svariate voci e forme di pensiero legate alla poesia nazionale ed internazionale. La rassegna, che è partita il trentuno maggio e si concluderà l’otto luglio, ha inoltre la peculiarità di fare riscoprire al pubblico i poeti nel dimenticatoio, di dare risalto agli emergenti ed approfondire la conoscenza di letterati talvolta relegati a giudizi troppo superficiali. Ad organizzare l’evento sono il l’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma, Andrea Crocetti Editore e il Dottor Giuseppe Marchetti, critico della Gazzetta di Parma e vero e motore propulsore della bella iniziativa. Proprio il Dottor Marchetti, giovedì sedici giugno, ha aperto le danze con il più atteso degli incontri dedicati ai grandi poeti, quello con Elio Pecora. Elio Pecora, per chi non lo sapesse, è una delle figure centrali della poesia del Novecento. Amico di Dario Bellezza, di Pasolini e Bertolucci e biografo di Sandro Penna, il poeta di Sant’Arsenio, attento scopritore di nuovi talenti, può essere considerato il crocevia fra i poeti di ieri e quelli di oggi. Questo, in particolare, per la sua naturale propensione ad ascoltare le voci nuove della letteratura e ad incoraggiarle a migliorarsi. Lui stesso si definisce il “pubblicitario della poesia”, nel senso che è sempre pronto a sponsorizzarla purché di buona fattura.
L’incontro si è aperto con una breve ma esaustiva presentazione del Dottor Marchetti dopodiché ha preso il microfono il nostro poeta: ”Bisognerebbe riportare la poesia allo stato di conversazione, recuperare un colloquio con uno spazio d’ascolto. Per fare questo sarebbe necessario che il pubblico si abituasse nuovamente a leggere molta poesia, se possibile ad alta voce, in modo che i versi risuonino dentro al lettore, che vengano interiorizzati. Uno dei problemi della poesia italiana, tuttavia, è che chi scrive versi spesso non li legge. Questo fatto, il mancato confronto, non aiuta gli aspiranti poeti a crescere e neppure l’editoria a dare più spazio alle collane di poesia, visto che il pubblico è sempre lo stesso. Una delle cose che più mi spiace, è quando sento gli italiani affermare che leggono per passatempo… Io credo che bisognerebbe leggere per arricchirsi e non per passatempo e per fare questo bisognerebbe fare letture più mirate, come i grandi poeti della nostra tradizione o i latini, dai nostri poeti ormai dimenticati eppure ancora un modello per molti altri. Alla base della poesia dovrebbe esserci l’ironia e l’onesta; come diceva, Umbero Saba la poesia dovrebbe essere “onesta” è un “bene necessario e onesto” ci ricorda Sandro Penna. (…)Una delle voci più interessanti della poesia italiana è Fernanda Romagnoli, una poetessa i cui versi hanno la forza evocativa della Dickinson. Ma il punto è che la poesia bisognerebbe saperla leggere e un intellettuale che ci insegna a farlo è il poeta russo Brosky, grande lettore di latini pressoché dimenticati dopo lo scorso secolo. La grandezza di un critico, invece, dovrebbe consistere nel valorizzare un testo, cosa che riusciva bene a Pasolini, non nel classificarlo, sezionarlo o perdersi in chissà quali noiosi parallelismi e confronti. (…) Il poeta dovrebbe riuscire a filtrare la realtà con l’occhio corto, come quando guardiamo in un binocolo capovolto, per cercare di vedere lontane le cose vicine e vicine le cose lontane, in modo da non sentirsi legato a nulla e allo stesso tempo sentire di appartenere al tutto. La poesia, secondo me, non dovrebbe essere divisa in correnti e combriccole varie, queste cose non appartengono alla poesia. La poesia, quella di buona fattura, comprende tutte le correnti ed è solo poesia.”
L’intervento è continuato con la lettura, da parte di Luigi Marchetti di alcuni passi di Nel tempo della madre, epicedio dedicato alla madre scomparsa. L’episodio privato della malattia materna diviene per Elio Pecora lo spunto per una riflessione più ampia e universale le cui tappe della sofferenza, disperazione ed abbandono sono quelle che accumunano l’intera umanità a un destino preannunciato e incontrovertibile. Il poeta ci parla anche della rivista Poeti e Poesia il cui scopo è quello di incoraggiare e fare conoscere la poesia di qualità, senza fare distinzione fra poeti affermati ed emergenti, italiani o di altre nazionalità. Uno dei criteri di pubblicazione risiede nell’ordine alfabetico degli autori, in modo da dare a tutti lo stesso spazio e di non avvantaggiare nessuno nella gerarchia d’impaginazione.
Prima dei saluti, sono riuscito a fare un paio di domande a Elio Pecora:
Oggi giorno, si assiste spesso a delle forme poetiche che vanno dallo sperimentalismo al neopurismo fino ad arrivare alla poesia linguisticamente “contaminata”. A suo avviso, quale direzione sta prendendo la poesia italiana?
Non quelle direzioni, fortunatamente… Le avanguardie, che spesso si sono rigenerate, non hanno più quella forza e sembrano all’epilogo. Oggi si assiste a una poesia libera dalle scuole, che rispecchia i sentimenti dei poeti, la loro verità… è una poesia lirica più che altro, non priva comunque di un senso della musica, della musicalità interna anche quando ha tendenze al prosastico.
Secondo lei, perché sempre più giovani scelgono la poesia come strumento di denuncia?
I giovani poeti sono molto attenti alle parole, ricercano quelle parole che esprimono meglio i concetti e attraverso le quali riescono ad ottenere la fiducia. La fiducia è importante per essere ascoltati. È positivo che i giovani si avvicinino alla poesia.