Libri
Vita allegra di un genio sventurato
di Andrea Viviani / 8 luglio
“E che ne sa un attore?”. Lo sa, lo sa. Un attore vive di parole: altrui nella sua bocca, sue nella propria o in bocca d’altri (non una ne ha scritta, di sceneggiature, Marco Messeri; lette poi ne avrà a centinaia). “Ma Cellini era scultore, incisore, orafo!”. Ci risiamo; il dramma d’oggi. La specializzazione. Non hai titoli? Non hai titolo. E invece no, niente affatto!
Benvenuto Cellini era un genio. Mano (pluri-)abile al servizio (qui sta la differenza) di una mente ancor più abile. Bravura di bottega, genio di fatica, labor limae (è il caso, letterale) di sudore e prove, bozzetti fallimenti e infine (ma dopo quanti tentativi?) capolavori.
Quanto lessico comune, tra palcoscenico e palchetto/mensolina/scaffaletto: in fondo, il bello è sempre in mostra. Cambia la dimensione dell’asse, la metratura del panneggio… ma sempre mostra è. Ci sta, allora, che un guitto (accezione nobile, Maestro!) si faccia genio e assuma sul suo Io l’onere di narrare un Io altrui non tanto poi, in fondo in fondo, dissimile dal proprio.
Narrare. Lì il segreto, lì l’antistoricismo di Masseri: che noia, si cerchino su Wikipedia, i fatti di una vita. Non (c’)importano quelli, del genio Cellini; quel bio-grafismo non s’addice al meno equo e solidale dei protagonisti del Rinascimento: leggere per credere.
Narrativa, quella la chiave. Lo sa Masseri, da sempre, o non sarebbe stato attore di vite altrui e di sé stesso. Lo riscopre chi lo legge e si fa complice, sedotto da una rara qualità scrittoria per certo figlia (lo si sente, lo si sente!) di raffinati cesellamenti (eccolo, il link: qui, la contiguità) e pazienti cove di pensiero (quando accade, la vita di Cellini? ed è solo sua, la vita tra le righe?), della riuscita finzione Marco/Benvenuto.
Benvenuto a te, lettore: sarà, parola, piacere.