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“Il Guggenheim” al Pala Expo di Roma

di Antonio Saulle / 14 marzo

Fino al 6 maggio è possibile visitare al Palazzo delle Esposizioni di Roma la mostra Il Guggenheim. L’avanguardia americana 1945-1980, un percorso nell’arte americana diviso per periodi e stili che comprende circa sessanta opere provenienti dalla Solomon R. Guggenheim Foundation. In un periodo in cui è fortemente preminente l’arte europea, in particolar modo quella francese, nell’immediato dopoguerra il baricentro si sposta negli Stati Uniti D’America e New York consente a molti artisti europei di potersi esprimere liberamente.

La mostra comincia, quindi, con i surrealismi – siamo nel periodo ’20/’30 – di Yves Tanguy, con “En lieu oblique”, che viene messo a confronto con Matta. Le figure appaiono liquide e il paesaggio rappresentato è irreale, abitato da oggetti/figure inanimate che sembrano affiorare da un atmosferico deserto. Basta, invece, alzare lo sguardo e ritrovare la famosa costellazione di Calder, che rimanda ai cromatismi delle macchie di Mirò, scultura mobile in filo e parti metalliche. Si prosegue, poi, con altre opere che evidenziano un carattere gestuale ripreso dal concetto di scrittura automatica di Breton, dove il segno grafico si esprime senza freni inibitori, un filo diretto tra la mano e il mondo sotterraneo dell’inconscio. Ecco, quindi, le prime opere di Pollock e quelle più conosciute, manifesto della nuova pittura americana, orizzontale, non più incentrata sul cavalletto ma sulla tecnica del “dripping”, del gocciolamento, come concretizzazione pittorica del caso e del gesto incontrollato dell’artista. Nelle opere di Pollock, si avverte il mondo ancestrale dei riti delle popolazione precolombiane, dove il pigmento e il gesto pittorico acquistano il loro carattere significante. La pittura dell’autore ha un carattere diagrammatico, è presente un annullamento della visione in cui l’aspetto tattile prevale sulla vista. Riprendendo un discorso di Gilles Deleuze, nell’arte può accadere, come in quella greca, che la vista prevalga sul tatto oppure che ci sia, come nell’arte egizia, un equilibrio tra tattile e visivo. Nella pittura americana, invece, è il tatto a prevalere e, in più, sono presenti due fattori che determinano un’importante rottura col passato : tutto è regolato dal caso e non c’è una figura da distruggere, a differenza della pittura di Francis Bacon dove è presente sia la figura che il caso.

La Pop Art, invece, è rappresentata dallo stile fumettistico di Roy Lichtenstein, dove il retino tipografico si fa pittura e citazione dell’arte delle avanguardie dei primi anni del Novecento mentre, proprio accanto, campeggia la muta e tragica rappresentazione del “disastro arancione” di Andy Warhol, esponente di primo piano della Pop Art americana, ovvero il cinico e spettrale spettacolo delle serigrafiche sedie elettriche ripetute che non fanno altro che mostrare l’indifferenza e la cinica accettazione del tema della morte da parte del pubblico dei mass media.

La sezione sul minimalismo si basa su un processo di riduzione della realtà antiespressiva e impersonale e sull’enfasi del carattere oggettuale dell’opera. Il Minimalismo tende alla riduzione a forme elementari oltre che al concetto di ripetizione e di modulo. Il termine Minimal Art fu coniato dal filosofo Richard Wollheime ha come sua fonte la produzione dada dei ready made di Duchamp. Molto interessante, inoltre, la sezione foto-realista, che vede come esponente Chuck Close. Nelle opere iperrealiste vi è una riproduzione meccanico/sintetica della fotografia che documenta lo studium degli anni ’70 ma, allo stesso tempo, il suo superamento perché nell’eccedere l’immagine gli artisti ne mostrano l’aspetto fittizio ed effimero. Sembra quasi una gara con la fotografia che trova il suo giusto e geniale compimento in Stanley 1980-81 di Chuck Close, un esperimento “post-puntinista” reso possibile grazie ad un sapiente uso dei colori e a una conoscenza approfondita della teoria della percezione.

Insomma, il Palazzo delle Esposizioni è riuscito, ancora una volta, a offrire al suo pubblico un percorso interessante, ben curato, che introduce, sin dall’inizio, il fruitore, senza troppi preamboli, nel mondo dell’arte del Guggenheim. 

 

Il Guggenheim. L’avanguardia americana 1945-1980
Roma, Palazzo delle Esposizioni, fino al 6 maggio.

Per maggiori informazioni:
http://www.palazzoesposizioni.it/categorie/mostra-014