Musica
“Daniel Knox” Di Daniel Knox
Daniel Knox fa centro con il suo terzo album
di Luigi Ippoliti / 16 aprile
Daniel Knox è un ragazzone di Springfield, nell’Illinois, con due album alle spalle, Disaster (2007) e Everyman For Himself (2011). Vanta collaborazioni cinematografiche importanti (David Lynch) e musicali (Andrew Bird, Jarvis Cocker e Swans). Lavora come proiezionista per tre giorni alla settimana al Music Box di Chicago. Nel 2015 esce il suo terzo lavoro, Daniel Knox.
Daniel Knox è un album che sembra esser stato ripescato da un’epoca ormai terminata, una fetta di anni ’40/’50, fino ai ’60 americani, un’estetica che rimanda a Frank Sinatra e Tony Bennett, ma che in realtà non ha mai smesso di svilupparsi – basti pensare a Neil Hannon dei The Divine Comedy: arrangiamenti moderni legati al pop barocco, pop raffinatissimo da camera, una voce da crooner navigato nel corpo di qualcuno che potrebbe essere tutto, ma non un crooner. Una voce da telecronaca per lo sbarco su Marte. In più sensazioni apocalittiche alla Scott Walker di Tilt riviste e ripensate per un pubblico moderno, e sullo sfondo la desolazione dell’America.
Daniel Knox parla di se stesso, dei propri luoghi, e la scelta di usare un suo ritratto (un simil autoritratto alla Van Gogh, opera di Gregory Jacobsen), come copertina, può rimandare a un modo di intendere la produzione artistica come autoanalisi: parlo dei posti e dei luoghi che mi appartengono, quindi parlo di me, e quindi la mia immagine un po’ vintage, un po’ bohèmienne, è lì in copertina a mostrare cosa state per ascoltare. E questo approccio, che potrebbe far pensare a un fare e non essere questo tipo di artista, è coerente e ben strutturato.
Basta il primo impatto con la prima traccia di Daniel Knox, “Blue Car”, confrontata con la prima di Everyman For Himself, “Ghostsong”, per capire che lo scarto non è solo nella qualità dei pezzi – più di un passo in avanti da un punto di vista compositivo -, ma anche nella registrazione, che suona molto più professionale: c’è stato, infatti, un lavoro molto più accurato nella produzione e nella post-produzione di quest’ultimo lavoro.
“Blue Car”, quindi, mette subito le cose in chiaro: Daniel Knox è qualcosa qualcosa di importante. Si inizia con un valzer spettrale che cresce di intensità appoggiandosi alla voce che un po’ alla volta sale fino a un’esplosione struggente e contenuta. Segue “Don’t Touch Me”, brano più disteso dell’album, che richiama “Chicken Bones” di John Grant, dove si manifesta appieno la misofobia di Daniel Knox. Da qui i brani si susseguono con una naturalezza disarmante. Se infatti da “Blue Car” a “Don’t Touch me” lo stacco è quasi straniante, dalla terza traccia in poi sembra che ogni brano finisca precisamente in quello successivo. “By The Vulture” ricorda i migliori The Divine Comedy (soprattutto quelli di Promenade, in particolare “Tonight We Fly”), il pianoforte e gli archi della breve “Lawrence & MacCarthur” fanno da preludio all’arpeggio ipnotico di “Incident at White Hen”, forse il miglior brano di Daniel Knox, dove la batteria in lontananza, la possibile marcia per quello sbarco su Marte, è protagonista in disparte. “High Pointe Drive”, “White Oaks Mall” e “David Charmichael” sono ballate notturne per chi passa le proprie serate nei pressi di enormi centri commerciali nella periferia dell’America (e quindi del mondo). Dopo il ribaltamento strumentale di “Blue Car”, “Car Blue”, Daniel Knox termina con la ballata corale “14 15 111”.
Daniel Knox è un lavoro che può segnare una svolta nel modo di declinare il pop, oggi. Se, di questi tempi, vanno per la maggiori voci e approcci alla musica che sfociano nel new soul (da Bon Iver a James Blake, passando per il nuovissimo Sam Smith), Daniel Knox può essere l’alternativa a un tendenza che con il passare degli anni sta producendo una serie di musicisti, certamente talentuosi, ma alla lunga probabilmente poco originali.
LA CRITICA - VOTO 8,5/10
Terza opera di Daniel Knox, Daniel Knox è un lavoro sontuoso che spazia da Frank Sinatra fino a John Grant. Dotato di una potenza espressiva e compositiva con pochi eguali in questi ultimi anni, Daniel Knox è un album che segna il 2015 e che probabilmente segnerà i prossimi anni.