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“Sweet Home Europa”
di Davide Carnevali

«…per piccina che tu sia tu mi sembri una badia»

di Federica Imbriani / 17 aprile

«Un Uomo, una Donna e un Altro uomo sono tutti gli uomini, le donne e gli altri uomini protagonisti di differenti storie particolari e allo stesso tempo di una stessa storia collettiva, quella di una famiglia, di un popolo, dell’umanità intera». Così Fabrizio Arcuri, regista di Sweet Home Europa. Una genesi. Un esodo. Generazioni di Davide Carnevali, finalista al Premio Riccione 2011, di nuovo in Italia dopo il debutto in Germania al Schauspielhaus di Bochum.

«A quasi vent’anni dalla nascita della Ue, la Grande Casa Europea è un “cantiere ancora aperto”, come lo definiva Gorbaciov. Ma in che direzione stanno andando i lavori? – si interroga Davide Carnevali – Stiamo costruendo uno spazio privilegiato per la garanzia dei diritti umani, o stiamo solo recintando una proprietà privata per vietarne l’accesso a chi non è desiderato?»

L’Occidente, il resto del mondo e i confini che li separano sono il contrappunto geografico all’alternanza con cui l’Uomo, l’Altro uomo e la Donna, raccontano all’infinito la storia triste, profondamente ingiusta e qualche volta comica di chi, tra scontri e compromessi tra ideologie e identità culturali incapaci di comunicare e comprendersi, cerca di costruire il proprio futuro lontano dalla madrepatria.

I tre personaggi ricoprono una diversa posizione sociale e generazionale a ogni nuovo incontro, ma è un esercizio di stile alla Raymond Queneau: un rappresentante di un paese “debole”, emigrato in un paese “forte”, cerca di comunicare facendosi da un lato latore del portato culturale della terra da cui proviene e dall’altro humus che possa nutrire una nuova, serena, stabile e radicata generazione.

Carnevali usa, per dare universalità ai suoi personaggi, un linguaggio essenziale, nudo, ridotto ai suoi elementi essenziali come i dialoghi, composti di pochi elementi che si ripetono ciclicamente e in maniera ridondante. Allo stesso scopo universalizzante concorrono i richiami ai grandi discorsi pubblici, di Gorbaciov come di Papa Benedetto XVI, resi eterni dai mezzi di comunicazione di massa.

Ci sono molti richiami alla comunicazione, alla contemporaneità, in quest’opera nella quale, mentre piano piano il mondo va in pezzi, al pari della scenografia esplosiva realizzata da Riccardo Dondana (3tolo) e Enrico Gaido, dodici quadri si incidono nella carne dell’Altro uomo come le dodici stelle dell’Europa Unita.

 

Sweet Home Europa
di Davide Carnevali
regia Fabrizio Arcuri
con Matteo Angius, Francesca Mazza e Michele di Mauro.

 

Foto di copertina: Valeria Tomasulo

LA CRITICA - VOTO 6/10

Sweet Home Europa ricorda un caleidoscopio: per quanto girando la lente si rimanga confusi dall’alternanza di colori, prima o poi ci si rende conto che il disegno, pur se deformato, è sempre uno. La regia cruda di Arcuri preannuncia l’eterno ritorno della storia dell’homo migrans e ci offre l’occasione per analizzare la possibilità che il giardino dell’Eden rappresentato dall’Unione Europea non sia più al riparo dal vento del deserto. Di tutti i deserti.