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Cinema

“’71” di Yann Demange

Un soldato in fuga nell’Irlanda del Nord spaccata dalla religione

di Francesco Vannutelli / 10 luglio

Inghilterra, 1971. Gary Hook è una giovane recluta che sta completando l’addestramento in caserma. Le direttive del suo reggimento sono quelle di partire per la Germania alla fine della formazione, ma un cambio di ordini li porta nell’Irlanda del Nord, a garantire l’ordine lungo Falls Road, la strada dove protestanti e cattolici vivono più vicini.Nel corso della prima missione – relativamente semplice: si trattava di assistere la polizia durante una perquisizione – Hook finisce lontano dal suo plotone durante la rivolta dei cattolici che costa la vita a un suo commilitone, ucciso da un terrorista dell’Ira. Rimasto solo in territorio nemico, inseguito da uomini armati che vogliono eliminarlo, Hook scappa, si rinchiude in una latrina e alla fine trova aiuto dai protestanti. È con loro, in un pub, che scopre il doppio gioco che gli uomini del suo capitano stanno portando avanti, armando i protestanti per tenere vive le ostilità.

Uno dei punti di forza di ’71, esordio dietro la macchina da presa del regista televisivo Yann Demange, è la scelta del punto di vista. Film sul conflitto nord-irlandese ce ne sono stati tanti (come è giusto che sia), ma è difficile trovare un titolo che decida di raccontare la violenza dal punto di vista di un soldato britannico, senza parteggiare per i britannici, ma mettendosi nei panni di un ragazzo qualunque. Gary Hook non è un soldato per vocazione, quanto per necessità. Si è arruolato non seguendo un ideale ma alla ricerca di un lavoro. Ha un figlio affidato a un istituto con cui passa ogni momento libero ed è l’unica cosa che importa per lui. Sul resto, Hook non prende posizioni. Non gli importa della politica, non gli importa della religione. Non capisce i motivi di queste rivalità totali che vede a Belfast. Non capisce neanche il motivo per cui quelli di Derby, la sua città, ce l’abbiano con quelli di Nottingham. Passa attraverso tutto, conserva la sua umanità in ogni momento. È la storia, però, a scuoterlo, sono i fatti a trascinarlo all’interno delle posizioni. 

Demange non si schiera con i cattolici o i protestanti, con gli inglesi o gli irlandesi. Fa capire che il bene è negli uomini, così come il male che viene fuori dallo sfinimento di padri uccisi e di pub fatti saltare in aria per sbaglio. Gli unici ad avere colpa sono quelli che si muovono dietro tutti, quelli che mandano poveri stronzi a uccidere altri poveri stronzi, come dice un medico cattolico che aiuta Hook perché è il suo dovere, anche se lui è un soldato inglese.

La recluta Gary Hook rappresenta tutti i ragazzi spediti in guerra, in qualsiasi guerra, senza che sia chiesto loro di capire quello che sta succedendo, e tantomeno di crederci. Intorno a lui, sono sempre altri giovani ad attirare l’attenzione della telecamera: il nipote del capo protestante, il giovane terrorista, la figlia del medico. Coinvolti nella guerra loro malgrado, convinti in gradi diversi di quello che sta succedendo. Comunque vittime di qualcosa che capita da fuori.

Demange orienta ’71 verso l’azione molto più che sulla riflessione. È un film veloce, di movimento, girato con telecamere leggere, con poco montaggio e riprese lunghe e dinamiche. Hook si muove in continuazione per salvarsi la vita, non è mai al sicuro, vede e vive più di qualsiasi soldato al suo primo giorno in missione.Dopo essere stato Louis Zamperini per Angelina Jolie in Unbroken, Jack O’Connelli ancora una volta si immerge in un ruolo a cui è richiesto soprattutto al corpo di parlare, di comunicare le emozioni, stavolta senza dimagrimenti estremi ma attraverso l’affanno perenne della fatica e della paura.

(’71, di Yann Demange, 2014, azione/guerra, 99’)

LA CRITICA - VOTO 8/10

Un punto di vista inedito per raccontare il conflitto tra cattolici e protestanti nell’Irlanda del Nord, lontano dai canoni dei film politici o di guerra. ’71 è un film di corsa e azione con una riflessione sulla natura della conflittualità umana che viene fuori dai fatti molto più che dalle parole.