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Cinema

“Black Mass – L’ultimo gangster”
di Scott Cooper

La storia del più grande criminale di Boston

di Francesco Vannutelli / 6 ottobre

L’ultima volta che Johnny Depp era passato per la Mostra di Venezia era il 2010. L’attore preferito di Tim Burton arrivava al Lido per presentare il molto più che deludente The Tourist, girato proprio tra i canali del capoluogo veneto. Nei cinque anni seguenti Depp ha fatto fatica a mantenere il suo prestigio di attore infilandosi in film e ruoli sempre peggiori (dal flop di Lone Ranger ai recenti Transcendence Mortdecai). Il ritorno in Laguna di quest’anno poteva rappresentare una nuova rinascita per Depp. Perché Black Mass, il film che era arrivato a presentare tra la curiosità generale, poteva contare su numerosi elementi di potenziale presa, dalla storia vera di “Whitey” Bulger, il più spietato gangster di Boston, alla trasformazione fisica di Depp, per una volta non grottesca ma funzionale a una somiglianza fisica, fino alla regia di Scott Cooper, che in passato era stato capace di tirare fuori il meglio dai suoi attori, basti pensare a Crazy Heart e al premio Oscar per Jeff Bridges nel 2009, o alla direzione corale del più recente Il fuoco della vendetta.

Alla fine è andata che dell’apparizione veneziana di Depp si è parlato quasi esclusivamente per la sua forma fisica imbarazzante rispetto alle ultime uscite pubbliche. Del film si è detto poco o niente, e quel poco che si è detto non è stato particolarmente lusinghiero.

Black Mass racconta la storia vera di James “Whitey” Bulger, boss irlandese della malavita di Boston che negli anni Settanta strinse un patto segreto con l’FBI attraverso l’agente amico John Connolly per ridurre la presenza della mafia italiana in città. In cambio di informazioni e collaborazione, Bulger avrebbe ottenuto una certa indulgenza da parte dell’agenzia federale verso le sue attività. In poco tempo, Whitey divenne il più importante criminale di tutta Boston, fino a che alcuni cambi al vertice all’interno dell’FBI non hanno rivelato le irregolarità dell’accordo e hanno portato a una resa dei conti sia all’interno dell’agenzia che nei confronti di Bulger, che ancora oggi, a ottantasei anni, è detenuto con due ergastoli da scontare dopo essere stato arrestato nel 2011 dopo quasi vent’anni di latitanza.

Johnny Depp torna, in modi molto diversi, a confrontarsi con la malavita dopo quel gran film che era stato Donnie Brasco nel 1997. Uno dei punti di forza del film di Mike Newell era l’interpretazione dei due protagonisti, Johnny Depp agente infiltrato e Al Pacino boss criminale. In Black Mass, Depp si trova dall’altra parte, a fare il capo che collabora, almeno all’apparenza, con la giustizia. Il problema, però, è che le cose nel film di Scott Cooper non vanno come dovrebbero.

Ex attore, Cooper nel suo cinema fino a oggi è sempre stato particolarmente attento alla direzione del cast. Le interpretazioni, lo abbiamo detto, sono sempre state la parte migliore dei suoi film. In Black Mass ha a disposizione un cast immenso che oltre a Depp può contare su Joel Edgerton, Beneditct Cumberbatch, Kevin Bacon e Dakota Johnson, ma di fatto non se ne fa nulla, per una serie di motivi.

Partiamo da Depp. Per una volta, la trasformazione fisica serve a qualcosa e non a fare la macchietta. Come mostrano le immagini di repertorio dei titoli di coda (forse la parte migliore del film), la somiglianza con Bulger è completa. Da un lato quindi, è da lodare il lavoro di Joel Harlow, il truccatore di fiducia di Johnny Depp che ormai lavora con lui a ogni suo film. Dall’altro, però, proprio il trucco conferisce all’interpretazione di Depp una rigidità posticcia, una patina di innaturalezza che finisce per limitarne il potenziale espressivo. Le lenti a contatto azzurro ghiaccio, poi, gli danno un aspetto da alieno, da vampiro inumano che lo allontana da tutto.

Il problema più grande, però, riguarda la gestione psicologica dei personaggi e la loro rilevanza all’interno della trama. All’inizio Bulger appare come un bandito dal cuore d’oro, che aiuta le vecchiette, adora la mamma e il figlio, si prende cura della moglie. Poi i lutti che lo colpiscono lo trasformano in un criminale spietato, ma non si tratta di trasformazione: era lui in persona a massacrare di botte i suoi rivali, già prima che morissero i suoi cari. Semplicemente, il lato umano sparisce a un certo punto, non è più interessante mostrarlo, come diventa non rilevante mostrare le sorti di alcuni personaggi di contorno che da un momento all’altro spariscono dallo schermo. Tipo la moglie di Whitey, interpretata dalla Dakota Johnson di 50 sfumature di grigio, che viene rimossa dalla storia senza una parola di spiegazione, o il direttore dell’FBI interpretato da Kevin Bacon, che risulta a essere, a dir poco, un cretino nel non capire che non si tratta propriamente di un accordo bilaterale con la malavita.

Fallendo in quelli che erano sempre stati i suoi punti di forza – la costruzione dei personaggi e la direzione degli interpreti –, Cooper non riesce a offrire un gangster movie all’altezza della grande tradizione a cui sembra puntare. Dovremo aspettare un altro film per vedere Johnny Depp tornare ai suoi vecchi livelli, ma almeno questa volta ha mostrato segnali di ripresa.

(Black Mass – L’ultimo gangster, di Scott Cooper, 2015, thriller, 120’)

LA CRITICA - VOTO 5/10

Black Mass è un gangster movie davvero poco riuscito, sotto ogni aspetto. Dovrebbe essere epico, non lo è, dovrebbe essere di accusa, non lo è, dovrebbe contare sulle interpretazioni dei suoi attori, ma non ci riesce. La colpa non è di Johnny Depp e compagnia, ma del regista Scott Cooper che cerca di mettere insieme troppi elementi e finisce per perdersi.