Cinema
“Gli ultimi saranno ultimi” di Massimiliano Bruno
Le difficoltà di una vita normale
di Francesco Vannutelli / 10 novembre
Luciana va per i quaranta, ha un lavoro in una fabbrica che produce parrucche, un marito disoccupato per scelta e il sogno di avere un figlio. Quel sogno un giorno arriva a travolgere la realtà di ogni giorno. Con la gravidanza non le viene rinnovato il contratto a tempo determinato, i soldi un po’ alla volta finiscono e arrivano le paure, le preoccupazioni e il terrore del futuro. Sulla sua strada, a un certo punto, Luciana incontra Antonio Zanzotto, un poliziotto trasferito con disonore dal Veneto che cerca di espiare una colpa che lo tormenta.
Massimiliano Bruno è partito dal suo testo teatrale Gli ultimi saranno gli ultimi per la sua quarta regia cinematografica, probabilmente la più sentita e la più ambiziosa fino a questo momento. Per andare sul sicuro ha richiamato Paola Cortellesi al suo fianco. A teatro, sul palco, faceva tutto lei in un monologo unico che raccontava tutta la storia. Nel film, è Luciana sullo schermo e co-sceneggiatrice dietro, con lo stesso Bruno, Gianni Corsi e Furio Andreotti che era anche regista dello spettacolo teatrale. Luciana/Cortellesi, questa volta, non è sola a reggere il peso degli ultimi. La trama si allarga sul grande schermo, entrano il marito, gli amici, il poliziotto buono. Ci sono due livelli di tragedie personali che scorrono paralleli, lo sguardo di Bruno si allarga a coinvolgere una realtà più ampia del personale e prova a diventare di più: il documento di un istante storico e sociale di difficoltà condivisa, di lotte di ultimi per la sopravvivenza, di certezze impossibili da consolidare.
Il cinema di Bruno ha dimostrato un’attenzione speciale per le tematiche di carattere sociale sin dal suo primo apparire con il fortunato Nessuno mi può giudicare. Sottotraccia, il racconto della realtà di oggi è rimasto anche nei film successivi, più esplicito e politicizzato in Viva l’Italia, più marginale in Confusi e felici. Con questo quarto film il sociale torna in primissimo piano e conosce, per la prima volta, anche una vena drammatica che prova a guardare a quel cinema del lavoro che ha un modello importante in Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne e nel recente La legge del mercato di Stéphane Brizé (premiato a Cannes per l’interpretazione di Vincent Lindon).
È chiara una cosa sin da subito: Gli ultimi saranno ultimi è e vuole essere, comunque, una commedia, per quanto amaro possa essere il messaggio generale, e per di più una commedia che non si vergogna di puntare al grande pubblico. Quindi per risultare gradevole per lo spettatore non racconta la brutta periferia romana, come il testo teatrale, ma la più rassicurante realtà di Anguillara, con il suo borgo storico, il lago, la campagna e così via. Allo stesso modo, nonostante tutto, i protagonisti sono belli come possono essere belli Paola Cortellesi e Alessandro Gassman. Allo stesso modo, intorno a loro si muovono una serie di personaggi stereotipati quel tanto che basta per essere facilmente riconoscibili e guidare la visione senza intoppi, dal professore all’amico grasso e rassicurante (ovviamente è Stefano Fresi, che è sempre bravo), dalla bellona che mina gli equilibri familiari agli amici rozzi e buoni. Se non basta, poi, c’è il poliziotto allontanato con disonore e dilaniato dal rimorso di coscienza di una scelta forse sbagliata, solo in esilio senza neanche il conforto di un Natale in famiglia e con un’amicizia difficile di cui solo lui non capisce subito la parte nascosta. I cattivi non ci sono, o almeno non sono poi così cattivi, sono tutti giustificati e giustificabili in qualche modo, perché è la società che è ingiusta, perché anche i padroni sono costretti a delle rinunce, perché anche i poveri che rubano ai poveri lo fanno solo perché sono disperati.
Non mancano le ingenuità per fare di Gli ultimi saranno gli ultimi una commedia il più rasserenante possibile, i passaggi di sceneggiatura a dir poco telecomandati, dei momenti di inutile retorica, una certa confusione di registri tra la commedia e il drammatico e debolezze varie, ma al di sopra di questo non si può non riconoscere il merito di riuscire a raccontare il quotidiano con le sue difficoltà, la dignità di una «vita di merda» comunque da difendere, perché è quella che c’è, la felicità delle cose semplici e banali, come il concerto di una cover band di Raf o un pranzo tra amici da Cacio e pesce, e tutto quanto quello che c’è di bello nella normalità di chiunque. Ci sono degli attori bravissimi che danno una mano a reggere tutto, perché accanto a Paola Cortellesi (che è brava tanto, anche lontana dalla commedia pura) sono perfetti anche Alessandro Gassman e Fabrizio Bentivoglio, e tutti i comprimari di ogni livello.
Se fate un giro su internet, se date un’occhiata ai giornali, troverete soprattutto due tipi di recensioni di Gli ultimi saranno ultimi: quelle che gridano al capolavoro e quelle che lo piombano nell’inferno delle cagate pazzesche. Non è un film che si può liquidare così in fretta. Vale davvero la pena vederlo per farsi un’idea.
(Gli ultimi saranno ultimi, di Massimiliano Bruno, 2015, commedia, 103’)
LA CRITICA - VOTO 6,5/10
Per il suo quarto film, Massimiliano Bruno recupera un suo testo teatrale di successo e si affida ancora a Paola Cortellesi. La sua commedia per la prima volta si tinge di dramma sociale raccontando il presente. Non va tutto bene in Gli ultimi saranno ultimi, ma quello che va è molto più che sufficiente.