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Toulouse-Lautrec allo spazio espositivo dell’Ara Pacis, a Roma
La collezione del Museo di Belle Arti di Budapest in mostra fino all'8 maggio 2016
di Redazione / 10 marzo
Dal 4 dicembre scorso lo spazio espositivo dell’Ara Pacis a Roma ospita la mostra dedicata a Toulouse-Lautrec. Passeggiando per lo spazio – illuminato con luci soffuse e allestito con cura da Zsuzsa Gonda e Kata Bodor,– si possono ammirare circa 170 opere provenienti dalla collezione del Museo di Belle Arti di Budapest. La mostra, promossa da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia Group e organizzata da Zètema Progetto Cultura è articolata in 5 sezioni (Notti parigine, Le dive, Le donne della notte, A teatro, Con gli amici) e permette di approfondire aspetti, anche inediti, della vita artistica e privata di Toulouse-Lautrec, uno degli artisti più rappresentativi della Belle Époque. Per visitare la mostra avete tempo sino all’8 maggio 2016.
«Moulin Rouge / Moulin Rouge / Moulin Rouge. Concert Bal / Tous leis soirs/ La Goulue», così recitano i caratteri in rosso e nero che campeggiano in cima al grande manifesto verde acido. Al centro, c’è una donna avvolta in una nuvola bianca, la gonna, da cui spuntano gambe magre avvolte nelle calze nere. Poi l’ombra di un uomo con le mani che immaginiamo in movimento, la guarda.
È il 1891, la donna del manifesto si chiama Louise Weber, detta La Goulue, la “golosa”, e ha da poco inventato le mosse di un nuovo ballo che diventerà molto popolare in città, il can-can. Louise lavora al Moulin Rouge ed è una grande amica di colui che il manifesto lo ha disegnato e fatto stampare, Toulouse-Lautrec.
Toulouse, il cui nome completo è Conte Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa, è un artista di origine aristocratica. La sua famiglia è proprietaria di molti terreni e castelli a Sud del paese, tuttavia Lautrec a Parigi non è conosciuto per le sue proprietà. Tutti lo definiscono “l’anima di Montmartre”, riferendosi al quartiere ben poco aristocratico dove ha scelto di vivere molto vicino a quello – licenziosissimo – di Pigalle. Qui non c’è aristocrazia né casato che tengano. Sono il Moulin Rouge e i bordelli i luoghi dove Toulouse conosce ed è conosciuto. Dopotutto la sua presenza non passa inosservata: a quattordici anni, a causa di un pavimento mal incerato nel salone della sua casa familiare, Toulouse si è rotto il femore sinistro; a quindici, quando ancora zoppicava, l’altra gamba cadendo in un fosso. I suoi arti non sono mai guariti né più cresciuti per via di una malattia genetica e Toulouse lo (ri-)conoscono davvero tutti, anche di spalle, fuori dalle maisons closes o nei pressi del suo appartamento al 21 di Rue Fontaine: è alto appena 1 metro e 52 centimetri.
A dispetto della sua statura ridotta, egli possiede un’ispirazione maestosa e incontentabile: pittore, illustratore e litografo, conosciuto nella cerchia degli artisti più in vista, Manet, Degas, Van Gogh e Bernard, Toulouse con il suo blocco è prolifico e instancabile.
Nessuna modella da atelier, nessuna finzione: Lautrec ha occhi solo per protagoniste della vita notturna, le attrici e le prostitute di cui è spesso innamorato e da cui non è mai ricambiato. Ama quel mondo così tanto che a più riprese è proprio nei bordelli che decide di impiantare il proprio studio, prima nella casa chiusa di rue d’Amboise, poi in quella di rue de Moulins. Di quella parte di società di cui tutti ignorano gli affari prima del tramonto, Toulouse documenta con dovizia di particolari i gesti quotidiani e le mansioni domestiche; di quelle facce di cui egli agognerebbe i baci – ma di cui, quando non paga, deve accontentarsi dei sorrisi –, ritrae le espressioni, anche quelle meno aggraziate e la sessualità ambigua di chi, per professione è costretto dentro una camera per gran parte della giornata.
Della parabola decadente della Belle Époque, Toulouse è il punto più teso dell’arco. Le gonne, le gambe, le mani, i tic, le risate sgarbate, il legno del palco, il vino, il binocolo, i cappelli, le piume, gli sguardi, le luci e le ombre sono ora immortali e sotto gli occhi di tutti. Dietro l’angolo, dietro il sipario, c’era la Grande Guerra, ma nessuno poteva ancora saperlo. I personaggi ritratti da Lautrec, a guardarli oggi, ci immalinconiscono perché sono quel che rimane di un fasto scomposto e lontano, sono i partecipanti spensierati all’ultima delle feste, l’ultimo ingenuo boccone prima del digiuno. È la fine della Belle Époque e insieme anche la fine di Toulouse che, come per una fatidica combinazione, si spegnerà malato di sifilide appena un anno dopo l’entrata del mondo nel nuovo secolo. Appena in tempo per andarsene con in testa il motivetto di Galop infernal.
Chi gli sopravvisse, come Luise Weber, non ebbe la stessa fortuna: dopo aver perso un figlio e un marito in guerra, malata, visse gli ultimi anni in una piccola roulotte vendendo sigarette, fiammiferi e noccioline, in un angolo della strada adiacente al suo Moulin Rouge. Ricordando i tempi in cui era La Goulue, rimpiangendo la bella epoca di Toulouse-Lautrec.
Toulouse-Lautrec – La collezione del Museo di Belle Arti di Budapest
Spazio espositivo dell’Ara Pacis
Dal 4 dicembre 2015 all’8 maggio 2016
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