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Cinema

[RFF11] “Manchester by the Sea”
di Kenneth Lonergan

Il doloroso bisogno di ripartire

di Francesco Vannutelli / 18 ottobre

È destinato, con ogni probabilità, a essere l’outsider della prossima corsa agli Oscar, il film indie che si porterà a casa nomination e trofei tra i vari premi di Hollywood. Manchester by the Sea di Kenneth Lonergan è un melodramma di sentimenti trattenuti spinto da interpretazioni di primo livello.

Lee Chandler vive una vita senza troppe gioie lavorando come factotum per quattro palazzi nella periferia di Boston. Fa l’idraulico, l’elettricista, tutto quello che serve. Vive in una stanza seminterrata, ma a lui sta bene così. Quando riceve la notizia della morte del fratello Joe, sale in macchina e torna a Manchester by the Sea, il villaggio di pescatori dove è nato e cresciuto. Lì scopre che il fratello gli ha lasciato in affidamento il figlio adolescente Patrick e con lui la possibilità di riappropriarsi di una vita interrotte dopo un drammatico incidente.

Kenneth Lonergan è arrivato con Manchester by the Sea solo al suo terzo film come regista e sceneggiatore in una carriera di quasi vent’anni. Il suo esordio nel 2000 con Conta su di me aveva già fatto capire di essere davanti a uno dei potenziali più interessanti del cinema statunitense. Poteva diventare da subito un nome da segnarsi, ma Lonergan e preferisce prendersi i suoi tempi, maturare i film con calma.

Manchester by the Sea è il frutto di una riflessione sul tema della perdita. Lonergan è tornato a scrivere e dirigere un film sei anni dopo il travagliassimo Margaret (una post-produzione lunghissima, senza budget, e alla fine una distribuzione molto limitata che non lo ha portato neanche in Italia, nonostante un cast che includeva tra gli altri Matt Damon, Mark Ruffalo e Jean Reno). L’idea di Manchester by the Sea è venuta a Matt Damon, che avrebbe anche dovuto dirigerlo, e a John Krasinski. Poi a un certo punto i due hanno deciso di ritagliarsi solo il ruolo di produttori e hanno chiesto a Lonergan di portare avanti il progetto.

Lonergan è riuscito a dosare la forte dose di dramma presente nel materiale narrativo passandola attraverso due filtri. Da una parte la distanza emotiva, sottolineata da una regia che non cerca mai il primo piano o la ripresa a effetto, dall’altra l’ironia che si nutre dei dialoghi quotidiani dei protagonisti.

Le ragioni dell’apatia di Lee Chandler si rivelano solo un poco alla volta. Ogni tanto appare un flashback che lo mostra felice, con una donna, dei bambini. Quello che è successo si scopre solo a metà film. È una costruzione lenta, che si prende il tempo necessario per far capire. Del resto, a Lonergan non interessa commuovere lo spettatore ma renderlo partecipe dei vari strati di dolore che cadono uno sopra l’altro sulle spalle dei suoi personaggi. Il dramma delle urla, degli strepiti, è tenuto lontano perché non appartiene alla vita reale. La vita reale è quella che ogni giorno si deve confrontare con le conseguenze di quello che è successo. La vita reale è quella che nonostante tutto riesce a ridere, che porta un adolescente che ha appena perso il padre a dividersi tra due ragazze, a suonare con la band e a cercare di capire uno zio silenzioso.

Se ci si sofferma sulla trama e sui singoli elementi che compongono Manchester by the Sea non sarebbe sbagliato dire che siamo di fronte a una variazione sul tema già abbondantemente analizzato al cinema del dolore e del riscatto. La grandezza delle storie, però, è sempre anche nel modo in cui vengono raccontate. E Lonergan è un grandissimo narratore.

A questo bisogna aggiungere che a vedere Manchester by the Sea si hanno due certezze immediate. La prima è che Casey Affleck è uno degli attori migliori in circolazione quando si tratta di interpretare ruoli in sottrazione continua. La seconda è che Michelle Williams, anche quando ha un minutaggio sullo schermo molto ridotto, contribuisce sempre a innalzare la qualità complessiva di un film. Tra di loro c’è tutta la tensione che ci deve essere fra due persone che hanno condiviso tutto prima di perderlo ma che rimangono, in qualche modo, comunque legati. Il loro dialogo finale, pieno di cose che non si riescono a dire se non con il silenzio e le lacrime, è un saggio breve su come andrebbe scritto una scena e come andrebbe interpretata.

(Manchester by the Sea, di Kenneth Lonergan, 2016, drammatico, 140’)

LA CRITICA - VOTO 8/10

Melodramma trattenuto, di forte impatto emotivo nel suo essere silenzioso, Manchester by the Sea è già uno dei film di questa stagione cinematografica, tra i probabili protagonisti della prossima season award, almeno per i suoi due straordinari protagonisti.