Cinema
“Fai bei sogni” di Marco Bellocchio
Marco Bellocchio torna sulla perdita della madre
di Sarah De Pietro / 15 novembre
Liberamente ispirato al best seller autobiografico di Massimo Gramellini, Fai bei sogni, il nuovo film di Marco Bellocchio, racconta in modo poetico e personale la storia di un bambino rimasto orfano, costretto a fare i conti con l’assenza della madre e a trovare da solo la sua strada.
Siamo a Torino, è il 1969 e Massimo ha nove anni quando perde la mamma all’improvviso nel cuore della notte senza capire neanche come. Solo qualche anno dopo sarà il padre, messo alle strette dal figlio, a rivelargli, mentendo, che si è trattato di un infarto fulminante. Massimo cresce e diventa un giornalista (interpretato da Valerio Mastandrea). Dopo gli esordi nelle pagine sportive, va in Bosnia, nelle zone colpite dalla guerra come inviato speciale e cronista di guerra per il quotidiano torinese La Stampa. Al suo rientro in Italia, colpito da un attacco di panico, si reca al pronto soccorso dove incontra Elisa. La giovane dottoressa lo aiuterà ad affrontare la paura della verità e a mettere in luce il suo passato.
Fai bei sogni è un lungo viaggio che attraversa i decenni dell’anima del protagonista nella cornice di un’Italia legata alle proprie passioni (il calcio per Massimo) e al malaffare di ogni tipo (Tangentopoli). Prima il calcio, poi la passione politica, Massimo sembra sopravvivere con forza e determinazione. Eppure, il coraggio di vivere davvero, essere se stesso e accettare la verità sembra non trovarlo mai. Il suo io autentico sembra rimasto li, nei giorni dell’infanzia trascorsi con la mamma, tra vecchie canzoni e programmi televisivi, nelle sue fantasie infantili abitate da Belfagor, la protagonista della serie televisiva che affascinava la madre, unico e spaventoso fantasma che come una corazza non l’ha mai abbandonato, proteggendolo dal mondo esterno fino alla fine.
E così tra ricordi, verità nascoste, flashback sulla difficile infanzia di un bambino costretto a diventare adulto in una notte sola, e un presente troppo legato al passato, Fai bei sogni sembra indagare l’anima; un’anima limpida e trasparente che a volte si sporca. La vita del protagonista oscilla, assumendo tinte buie, tra i fallimenti del se, con i quali talvolta risulta più facile giustificarsi, e la vittoria dei nonostante, di chi ce la fa sgomitando, di chi decide nonostante tutto di diventare adulto.
Se da un lato la difficoltà maggiore per Marco Bellocchio sembra quella di riuscire a prendere le distanze dal racconto autobiografico di Gramellini, dall’altra la sua storia personale appare affrontata con grandissima dignità e coinvolgimento emotivo. Fai bei sogni non racconta solamente il tormento di una vita e l’ultimo augurio di una madre, ma riesce ad andare oltre, affrontando temi difficili come l’affermazione della propria identità, il rapporto con la fede, con le donne e perfino con il ballo. Quel tragico lutto che ha condizionato Massimo in tutto il suo essere e ha caratterizzato l’uomo che è diventato, viene affrontato dal regista prima come tormento e poi, successivamente, come sentimento. In questo, nella rappresentazione del passaggio fondamentale per la vita di ognuno di noi verso l’età adulta, Valerio Mastandrea aiuta il regista, con la sua interpretazione malinconica e a tratti un po’ triste.
A facilitare questa trasformazione anche il personaggio di Elisa, una sorta di angelo custode del protagonista, una presenza inaspettata ma perfettamente in armonia con il contesto, interpretata con dolcezza e cura da Bérénice Bejo.
Ancora una volta Bellocchio non smette di emozionare, esplorando i meandri delle famiglie disgregate e troppo instabili sentimentalmente e rivolgendosi, in particolare, a tutte le persone che nella vita hanno perso qualcosa di importante e hanno rifiutato per troppo tempo di accettare la realtà, finendo per perdere se stessi.
(Fai bei sogni, di Marco Bellocchio, 2016, drammatico, 134’)
LA CRITICA - VOTO 7/10
Ispirato al libro del giornalista Massimo Gramellini, Fai bei sogni è un film essenziale su una difficile ricerca e sul rapporto ambivalente che ogni essere umano ha con la perdita. Un film dedicato ai genitori ancor prima che ai figli, sulla mancanza, sulla rabbia e sull’importanza di riconciliarsi con gli eventi traumatici che troppo spesso attraversano le nostre vite. Il film formalmente impeccabile e intenso non riesce però a emozionare lo spettatore fino alla fine.