Cinema
[Best 2016] I film
di Redazione / 31 dicembre
Siamo arrivati al consueto appuntamento di fine anno con la classifica dei migliori film usciti nelle sale italiane nel corso del 2016. Un anno di cinema che ha rivelato una nuova onda di autori italiani in grado di portare il pubblico in sala. Come al solito, non c’è una gerarchia tra i titoli indicati così come non c’è la pretesa di provare a includere e giudicare tutto il cinema arrivato in Italia lo scorso anno.
• Il figlio di Saul di László Nemes: «Pur rimanendo nell’ambito della finzione, Il figlio di Saul, l’opera prima del regista ungherese László Nemes, è la testimonianza cinematografica più autentica mai realizzata della vita di un campo di sterminio nazista. Un film che riesce a far capire più di qualsiasi altro cosa sia stato l’orrore».
• Il caso Spotlight di Tom McCarthy: «Ci sono due aggettivi molto abusati quando si fanno recensioni cinematografiche. Sono “solido” e “classico”. Il caso Spotlight sembra fatto apposta per entrare in queste definizioni, nel modo migliore e più elegante possibile».
• Il libro della giungla di Jon Favreau: «La Disney continua a trasformare i suoi classici in live action. Con Il libro della giungla raggiunge un livello di perfezione tecnica finora mai visto e riesce a conservare lo spirito del cartoon aggiornandolo e rendendolo più maturo e moderno».
• Il club e Neruda di Pablo Larraín: di Il club avevamo scritto che era la «conferma di tutto il talento del regista e della sua capacità di andare oltre la divisione tra forma e sostanza». Neruda, uscito nelle sale italiane lo scorso ottobre, ha mostrato un aspetto ulteriore del talento di Larraín nella capacità di coniugare biografia e onirismo, scrittura e visione. E pare che Jackie, il biopic su Jacqueline Kennedy con Natalie Portman in arrivo a febbraio, sia ancora meglio.
• Anomalisa di Charlie Kaufman e Duke Johnson: in molti hanno lodato il film di Kaufman per la sua scena di sesso ritenuta tra le più autentiche della storia del cinema, nonostante si tratti di un film in animazione stop-motion. A noi aveva colpito – molto – la capacità di raccontare la solitudine umana in una forma completamente inaspettata.
• Revenant – Redivivo di Alejandro G. Iñárritu: il motivo principale per cui inseriamo questo film in classifica è che ha portato finalmente l’Oscar a Leonardo Di Caprio. A parte questo, Revenant è stato realizzato in condizioni estreme, e più che confermare il valore assoluto di Iñárritu come regista e sceneggiatore, consacra una volta di più il direttore della fotografia Emanuel Lubezki come uno dei più grandi di tutti i tempi.
• Lo chiamavano Jeeg Robot, Perfetti sconosciuti, Veloce come il vento, La pazza gioia: i primi sei mesi del 2016 hanno dimostrato ancora una volta che il cinema italiano sta bene e ha ancora voglia di dire qualcosa di interessante. Se il 2015 era stato l’anno degli autori, con il tridente Moretti–Sorrentino–Garrone, l’anno che sta finendo ha rivelato nomi nuovi e ne ha confermati altri. Gabriele Mainetti e Matteo Rovere hanno fatto vedere quanto le nuove generazioni di registi siano in grado di assorbire la lezione del cinema statunitense contemporaneo e adattarla ai limiti produttivi del made in Italy. Paolo Genovese e Virzì hanno ricordato a tutti l’importanza degli interpreti e della sceneggiatura. Il risultato è stato un ottimo riscontro in termini di pubblico e il consenso quasi unanime della critica. La seconda metà del 2016 sembrava confermare l’andamento con l’ottimo Indivisibili di Edoardo De Angelis, ma l’incanto si è spezzato in fretta. Non ci sono state altre sorprese, in mezzo a tante delusioni da parte del cinema d’autore (Bellocchio, Kim Rossi Stuart, Ivano De Matteo) e di vecchi campioni del botteghino (Che vuoi che sia di Edoardo Leo). Addirittura i cinepanettoni stanno facendo fatica a portare pubblico in sala, probabilmente per colpa di una moltiplicazione di proposte che ha pochi precedenti.
Il 2017 potrebbe raddrizzare la rotta con il ritorno della banda dei ricercatori di Sydney Sibilia con il seguito di Smetto quando voglio, e a quel punto staremo a vedere. Quello che è certo finora è che la scelta miope, ottusa e sostanzialmente suicida dei vertici del cinema italiano di scegliere il documentario Fuocoammare di Francesco Rosi come candidato italiano all’Oscar per il film straniero ha impedito all’Italia di provare a puntare al premio simbolicamente più importante con un film che rappresentasse davvero il momento del nostro cinema.