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Cinema

“La battaglia di Hacksaw Ridge”
di Mel Gibson

Il ritorno del regista di “Braveheart”

di Francesco Vannutelli / 31 gennaio

Sei nomination agli Oscar tra cui miglior film, miglior regia e migliore attore protagonista per La battaglia di Hacksaw Ridge, grande ritorno al cinema di Mel Gibson. Dieci anni dopo, uno degli attori più amati degli anni Novanta decide di rimettersi dietro la macchina da presa che gli aveva dato tanta gloria – Braveheart nel 1995 – e tanta infamia – La passione di Cristo nel 2004.

Che fine avesse fatto Gibson dopo Apocalypto, il suo ultimo, folle film del 2006, ce lo hanno raccontato le pagine della cronaca – scandalistica e non – più che quelle dello spettacolo. Alcolismo, razzismo, violenza domestica, arresti, accuse, tribunali, divorzi hanno scandito gli ultimi anni della vita privata e pubblica dell’ex Mad Max – diventato per tanti Mad Mel – condannandolo a un esilio da Hollywood interrotto solo da apparizioni in film di scarsa importanza e dal tentativo nel 2011 dell’amica Jodie Foster di concedergli una rinnovata dignità d’attore con Mr. Beaver.

Il tempo passa, l’alcol evapora, arrivano nuovi amori e nuove vite e ora il sessantunenne Gibson è pronto a tornare nel giro dei grandi con La battaglia di Hacksaw Ridge. Hollywood sembra averlo già perdonato, con una presentazione in grande stile all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e candidature sparse in tutti i principali premi della award season.

La storia vera di partenza è pura manna per gli standard del cinema statunitense. Durante la seconda guerra mondiale Desmond Doss, un contadino della Virginia animato da un profondissimo senso religioso, decide di arruolarsi volontario nel corpo medico militare verso Okinawa senza portare armi con sé. Finirà per salvare la vita di settantacinque commilitoni durante la battaglia di Hacksaw Ridge. Fu il primo obiettore di coscienza della storia a essere insignito della medaglia d’onore dell’esercito degli Stati Uniti.

Gibson, con gli sceneggiatori Andrew Knight e Robert Schenkkan, decide di partire dall’infanzia di Doss per raccontare la radice della sua religiosità. Ci sono un paio di eventi traumatici, un padre alcolizzato che non ha mai superato la perdita degli amici di sempre durante la prima guerra mondiale, e una madre devota. Ovviamente c’è anche la bella infermiera di cui innamorarsi e un fratello che si arruola contro la volontà del padre. Segue il durissimo addestramento, con Vince Vaughn che gioca a fare il sergente Hartman e i commilitoni che scambiano il suo rifiuto delle armi per vigliaccheria e quindi lo picchiano ogni volta che ne hanno l’occasione, poi c’è la guerra.

Non c’è niente, a parte lo spunto fornito dalla storia eccezionale di Desmond Doss, di davvero originale o sorprendente in La battaglia di Hacksaw Ridge. La trama si evolve secondo un binario percorso un’infinità di volte per riproporre la parabola dell’emarginato che diventa eroe. Lo sguardo al passato collega il Gibson di oggi a quello di Braveheart. L’ostinata perseveranza con cui Doss continua a portare via i compagni feriti richiama Forrest Gump. Andrew Garfield, al secondo ruolo da estatico religioso dopo Silence, sfoggia tutto un repertorio di facce e sorrisi da bravo ragazzo della Virginia che comunicano molto poco. Molto meglio quando è diretto da Scorsese, eppure è arrivata la nomination.

Con una messa in scena che si ferma un centinaio di passi più indietro rispetto ai grandi film di guerra contemporanei – uno su tutti, Salvate il soldato Ryan –, La battaglia di Hacksaw Ridge ha ricevuto molte più attenzioni di quelli che sono i suoi meriti reali. È fuori di dubbio che Mel Gibson, malgrado la lunga pausa, sia ancora adesso un grande regista di scene d’azione. La sequenza della battaglia del titolo è un concentrato di tensione ed emozione come non si vedeva da anni. Le cifre stilistiche del cinema dell’attore australiano sono rimaste immutate. L’eroe è sempre al centro della sua narrazione, che sia un guerriero scozzese, il figlio di Dio o un volontario pacifista. La violenza va sempre mostrata in primo piano, senza risparmiare i dettagli più raccapriccianti, anzi è proprio su quelli che bisogna insistere.

La forte religiosità di Doss permette poi a Gibson di insistere sul tema della religione, elemento centrale nella sua formazione d’uomo. Tutto il film è attraversato da una tensione verticale verso il divino che incontra l’uomo. Doss rivolge le sue preghiere a Dio e trova la forza di salvare i compagni grazie alla sua fiducia nel Signore. La sua fede diventa la forza di tutti. La battaglia di Hacksaw Ridge può essere visto come un’unica grande parabola biblica, con il peccato originale e la sua lenta espiazione attraverso il sacrificio. In sostanza, gli anni sono passati, ma Mel Gibson è sempre il fondamentalista che aveva dimostrato di essere con La passione.

(La battaglia di Hacksaw Ridge, di Mel Gibson, 2016, guerra, 131’)

LA CRITICA - VOTO 6/10

Dieci anni dopo, Mel Gibson torna in regia per una nuova storia di eroismo e fede. La battaglia di Hacksaw Ridge racconta la parabola standard di un emarginato che diventa eroe. Niente di nuovo.