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Libri

I residui morali
di Giordano Tedoldi

“Tabù”, il secondo romanzo dell’autore di “Io odio John Updike”

di Luigi Ippoliti / 8 gennaio

Giordano Tedoldi è un autore complesso. Difficilmente incasellabile, oggi, nel panorama italiano: si porta appresso certi strascichi della Gioventù Cannibale senza averne mai fatto parte. È riscontrabile nei suoi lavori, soprattutto nella raccolta di racconti Io odio John Updike (minimum fax, 2016), un certo sguardo sul mondo che spazia da quello di Aldo Nove di Woobinda a quello di Niccolò Ammaniti di Fango.

Nel 2012, autopubblica su Amazon Deep Lipsia, che narra le vicende di un gruppo di neonazisti. L’anno successivo, supera la prova del romanzo con I segnalati (Fazi, 2013), un lavoro a-commerciale, pieno di digressioni, una sorta di incubo thriller-fantasy-horror in una Roma marcia e satura.

Lo scorso maggio è uscito il suo secondo romanzo, Tabù, edito da Tunué nella collana diretta da Vanni Santoni.

Tutto ruota attorno al significato – e al suo rovesciamento, alla sua messa in discussione – del tabù, che paradossalmente arriva ad avere la funzione di collante sociale. Il vedere l’effetto che fa superarlo trovandosi dall’altra parte, spinge Piero Origo, protagonista e dunque pietra angolare della storia, a scardinare tutto l’inviolabile che gli si presenti davanti. Anche in un’epoca – e in una società, quella occidentale – dove lo scandalo morale non ha più la portata epica di secoli passati, si ha ancora bisogno di qualcuno che, attraverso l’espediente della narrativa, ce lo ricordi e ci metta in condizione di riflettere sul rapporto tra morale e società.

Tedoldi, quindi, scrive una storia che somiglia più un trattato antropologico sotto forma di romanzo che a un romanzo in senso stretto.

Un romanzo, Tabù, diviso in cinque parti, con fabula e intreccio che fanno da padrone e che sono il terreno in cui si muove una borghesia sconfitta e triste. Una borghesia che trova nel proibito la chiave per evadere dalla realtà. Una borghesia che può ricordare quella di Moravia, ma non cosciente di sé. I dialoghi, che spesso risultano piatti e privi di tensione drammatica, hanno in quest’ottica una funzione importante: rendono l’ambiente in cui si muovono i personaggi ancora più vacuo e perdente.

Pur essendo la narrazione non lineare e quindi potenzialmente zoppicante, il libro ha un ritmo serrato, pieno di avvenimenti che si susseguono e che si incastrano tra di loro. Qui sta la bravura di Tedoldi. Riesce, in una storia dall’architettura non semplice e massimalista, a farci vedere la regressione dell’uomo da sociale a uomo che si auto esclude dalla società, un’antropogenesi invertita.

Piero è innamorato (crede di essere innamorato) di Emilia, moglie del suo migliore amico, Domenico. Approfittando dell’assenza di quest’ultimo, Piero seduce Emilia. Da questo momento in poi, sarà un susseguirsi di tabù infranti e atteggiamenti in contrasto con tutto e con tutti. Ci sarà un’altra donna, Dolly, una delle amanti di Piero, la quale ha contemporaneamente una storia con Marco, un ragazzo con cui Piero finirà per dividere l’appartamento. E Dolly sarà l’oggetto del contendere, al pari di Emilia. Ci sarà poi una comunità basata sulla promiscuità sessuale su cui una una ragazza, Barbara, vorrebbe fare uno studio sociologico. Nella quarta parte, la storia di Piero verrà raccontata da un prete, Eusebio, a cui il comportamento libertino del protagonista farà mettere in discussione le proprie convinzioni religiose.

Tabù, ma Tedoldi in generale, merita di avere più spazio. Il coraggio di minimum fax di ritirare fuori e ripubblicare Io odio John Updike, dopo esser stato dimenticato per una decina d’anni, dargli nuova visibilità, ha senso profondo per quella che è la letteratura italiana contemporanea. Perché Tedoldi, come scrittore di racconti, non ha nulla a invidiare, per esempio, a Luca Ricci e, come romanziere, dà l’impressione di essere a un passo dal lavoro che potrà consacrarlo definitivamente.

 

(Giordano Tedoldi, Tabù, Tunué, 2017, pp. 360, euro 14,90)

LA CRITICA - VOTO 7/10

Giordano Tedoldi scrive un romanzo sul tabù e sulla sua funzione sociale. A distanza di quattro anni da I segnalati e a uno dalla riedizione di Io odio John Udike, lo scrittore romano si cimenta in un romanzo coraggioso che lo riconferma in una posizione indefinibile nell’universo letterario italiano.