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Musica

Il compromesso dell’indie-rock

"Violence", il nuovo album degli Editors

di Luigi Ippoliti / 14 marzo

È passato un mese dall’uscita del nuovo album di un’altra band che ha segnato l’indie-rock della prima decade del 2000, Always Ascending dei Franz Ferdinand. Aspettando gli Artic Monkeys, questa prima parte del 2018 è caratterizzata dal ritorno di gruppi che hanno inciso sulla storia della musica con la propria rilettura del rock. Con Violence, oggi, a tre anni da In Dream, tornano gli Editors. E proprio come i colleghi scozzesi, siamo sempre più lontani dagli esordi.

È chiaro che non potrebbe essere altrimenti. Si cresce, si cambia, il contesto musicale muta in continuazione. Il tentativo di ricerca, il provare a reinventarsi. Ma la sensazione netta è quella di avere di fronte un gruppo che, scavallato il 2010, non riesce a ritrovarsi da nessuna parte (discorso analogo per i Franz Ferdinand, diverso per gli Interpol, ad esempio, i quali con l’ultimo El Pintor vivono un eterno 2002) . Nonostante le capacità e una buona dose di talento, gli Editors sembrano smarriti in una continua ricerca del proprio futuro artistico. L’emancipazione da sé, o meglio, dal periodo storico di cui sono stati artefici e in cui erano parte fondante e parte stessa di ciò che andavano a fondare, sembra non trovare uno sbocco convincente.

Anche per gli scozzesi, che comunque devono moltissimo agli Strokes, in Always Ascending è netta la difficoltà nel saper decriptare il mondo, nel saper dare un’ulteriore prova interpretativa delle cose al di fuori dei propri confini. Si scrive un buon album, si prova a fare qualcos’altro rispetto a quello che ci si aspetta dai Franz Ferdinand con risultati semplicemente sufficienti, ma nulla di più. Senza cadere nella banalità o nel ridicolo, ma si è ai margini. Onesti lavori di manovalanza.

Gli Editors, paradossalmente, negli anni hanno saputo cercare di capire come il mondo iniziava a cambiare attorno a loro già nel 2009, provando a trasformarsi con In This Light and on This Evening. Nonostante tutto, nonostante Violence funzioni meglio di Always Ascending, rimane, come sempre, quella sensazione per cui gli Editors sono sempre a un passo dalla vetta e che da lì non si smuoveranno mai.

Aspetto che è sempre il grande limite degli Editors: per quanto più di un paio d’album abbiano funzionato (The Back Room, In This Light and on This Evening – se gli anni Ottanta fossero stati scritti da Tom Smith, “Papillon” sarebbe stato l’inno generazionale -, ma soprattutto An End As a Start), non sono sempre stati degli Interpol minori?

Negli anni, infatti, è stata predominante l’incapacità, a discapito di ottime cose, di sapersi staccare dalla band di Paul Banks – senza contare, comunque, il debito che tutti hanno nei confronti dei Joy Division. Ma, mentre gli autori di Turn on the Bright Lights sono riusciti a farsi portavoce di qualcosa, gli Editors hanno sempre vivacchiato alle loro spalle.

Via l’indie rock, quell’indie-rock, via gli esordi. Violence suona in tutto e per tutto come un album del 2018. Ma, appunto, un 2018 ai margini.  Di quei gruppi per cui rimane solo la nomea e da cui oramai non ci si aspetta più granché. C’è troppa di quell’attitudine alla Coldplay, Muse o U2. Quello strizzare l’occhio in maniera smaccata e feticista alla vendita facile. Quella patina che produce solo tristezza.
Gli Editors hanno preso il peggio di questi gruppi e, miracolo, sono riusciti a fare quello che i loro colleghi non riescono a fare da anni: un buon pezzo, un buon album.  Non pagherebbero, i Muse, oggi, per scrivere un pezzo come “Halleluja (So Low)”? Gli U2 non  dovrebbero trovare il coraggio di scrivere un pezzo come “Nothingless”? Se Chris Martin avesse ancora un po’ di senno, non avrebbe tra le mani “Cold”? Sulle macerie di una degenerazione del pop/rock, sono riusciti a tirare fuori qualcosa di buono, rendendo un brano al limite con il melenso come “No Sound but the Wind” la cosa migliore dell’album.

Violence è un mistero, gli Editors sono un mistero. Il presentimento è sempre lo stesso: che abbiano un potenziale che non hanno mai sfruttato. Che abbiano sempre deciso di pubblicare quell’album quando avevano la possibilità di pubblicare quell’altro. Quello che li avrebbe resi ciò non sono mai riusciti a essere.

 

LA CRITICA - VOTO 6/10

Con Violence , gli Editors si confermano un gruppo di buonissimo talento, ma allo stesso tempo uno dei più grandi misteri dell’indie rock – di quello che era l’indie rock. Il gruppo di Tom Smith , ancora una volta, non è riuscito a convincere del tutto.