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Cinema

Solo il silenzio ci può salvare

Alla ricerca di un posto tranquillo

di Francesco Vannutelli / 6 aprile

John Krasinski è un personaggio strano. Salito alla ribalta del pubblico con il suo ruolo nella serie comedy The Office, ha provato negli anni a ritagliarsi un nuovo posto nella Hollywood culturale, tentando l’impossibile impresa di portare sullo schermo un testo di David Foster Wallace, Brevi interviste con uomini schifosi, prima, e poi di confrontarsi con la tradizione dei film corali di famiglia con The Hollars. Dopo la recente svolta action con Michael Bay e il prossimo impegno nei panni del Jack Ryan di Tom Clancy in una nuova serie tv, ha deciso di tornare dietro la macchina da presa per la sua opera numero tre, A Quiet Place – Un posto tranquillo. Un film molto diverso dai precedenti, e molto più riuscito.

Presentato con successo al festival South By Southwest, A Quiet Place si pone all’interno di un filone preciso, quello dell’horror di sopravvivenza, trovando la sua forza in un’idea di partenza semplice e di grandissimo impatto: il silenzio.

Nel 2020 i pochi esseri umani sopravvissuti vivono nel silenzio assoluto. Una razza aliena ha invaso la Terra e attacca e distrugge tutto ciò che fa il minimo rumore. Una famiglia di quattro persone, sconvolta dalla minaccia e da una perdita, sopravvive eliminando ogni suono, comunicando con il linguaggio dei segni e preparandosi all’arrivo di un nuovo bambino.

È incredibile come un’idea semplice sia ancora in grado di cambiare radicalmente un genere. Immergere un film horror nel silenzio assoluto crea un livello di tensione che raramente si era visto sullo schermo negli ultimi anni. A Quiet Place – Un posto tranquillo si presenta come un incrocio tra un film di serie B e una serie tv alla The Walking Dead, con un budget limitato, i mostri, molti salti sulla sedia e il tema della famiglia unita nel pericolo che crea una possibile immedesimazione.

Dietro le sembianze del puro e semplice film di genere, Krasinski prova a far intravedere spunti per un cinema più alto. Il silenzio diventa metafora dell’incomunicabilità, ogni parola è un pericolo che può ferire in una famiglia già spaccata da un trauma. Come già era successo per Scappa – Get Out, i critici statunitensi stanno trasformando A Quiet Place in uno dei migliori film del 2018, concentrando le analisi sul messaggio implicito più che sul film in sé.

L’idea di immergere un intero film quasi interamente nel silenzio colloca A Quiet Place ai confini del cinema sperimentale e d’autore, ma è fuori di dubbio che la forza maggiore del film di Krasinski venga proprio dall’appartenenza a un genere. A vederlo “solo” come film horror, infatti, Un posto tranquillo è perfetto. Ci sono tutti gli elementi che ci devono essere, offre al pubblico tutto quello che vuole vedere. Non c’è bisogno di andare a cercare risposte alle tante domande che possono venire in mente con un film come questo.

Negli ultimi anni, il cinema d’orrore è (ri)diventato un genere in grado di lanciare nuovi talenti. Oltre al già citato Get Out ci sono film come It FollowsThe WitchBabadook, tra gli altri, che hanno rivelato nuovi registi e nuovi modi di fare cinema. Dopo i due tentativi falliti in precedenza, Krasinski sembra aver trovato una dimensione per la sua idea di cinema. Per farlo ha chiesto l’aiuto della moglie Emily Blunt e di due giovanissimi attori, Noah Jupe e Millicent Simmons, che continueranno a far parlare di sé. Anche perché già chi chiede un seguito.

 

(A Quiet Place – Un posto tranquillo, di John Krasinski, 2018, horror, 90’)

 

LA CRITICA - VOTO 7,5/10

Con un’idea di partenza di semplice e grande potenza, A Quiet Place – Un posto tranquillo si pone come nuovo punto di riferimento per il cinema horror. Forse vorrebbe essere qualcosa di più, ma l’apparenza è perfetta.