Cinema
In macchina nel profondo Sud
Su "Green Book" di Peter Farrelly
di Francesco Vannutelli / 1 febbraio
Sono davvero strani i percorsi del cinema. Si può passare da Scemo e più scemo 2 alla notte degli Oscar in pochi anni. È quello che sta succedendo con Peter Farrelly, uno dei re della commedia demenziale statunitense insieme al fratello Bobby (Tutti pazzi per Mary). Il film della svolta è Green Book, commedia a tema razziale con Viggo Mortensen e Mahershala Ali.
Farrelly, produttore, regista e sceneggiatore del film, è partito da una storia vera per raccontare una parabola di integrazione e amicizia. Nel 1962 Tony Vallelonga, buttafuori di origini italiane nei locali notturni di New York, accetta un incarico come autista di Don Shirley, raffinato compositore e pianista afroamericano. Dovrà accompagnarlo in tour negli Stati Uniti del sud, in zone profondamente razziste e con una forte segregazione razziale. Tra i due, distanti per cultura, formazione e visione del mondo, nascerà un legame profondo.
Il titolo del film deriva da una guida per afroamericani pubblicata tra gli anni ’30 e ’60 del secolo scorso, The Negro Motorist Green Book.La guida indicava gli hotel e ristoranti in cui erano benvenuti negli stati del Sud. Un insieme di posti dalle condizioni igieniche precarie, lontani da standard di decenza e dal benessere dei bianchi.
Erano anni di profondo razzismo. Il movimento per i diritti civili di Martin Luther King Jr. avrebbe raggiunto il suo apice nei due anni successivi (la marcia da Selma e Montgomery e il premio Nobel per la pace, per dirne due). I fratelli Kennedy avevano avviato da poco, dalle rispettive poltrone di procuratore generale (Robert) e presidente degli Stati Unti (John), i tentativi istituzionali per risolvere le tensioni. Il Ku Klux Klan dettava legge al sud, e una certa diffidenza verso gli afroamericani era diffusa anche negli altri stati. Anche il Tony del film nasce razzista, al punto da voler buttare due bicchieri da cui hanno bevuto due operai di colore in casa sua.
Don Shirley decise di partire per quel tour per capire il razzismo dal vivo. Cresciuto in Russia, in un conservatorio di Leningrado, era tornato negli Stati Uniti riscuotendo un grande successo come musicista jazz dell’alta società. A New York viveva in un appartamento sopra la Carnegie Hall, suonava nei teatri e alle feste private dell’altissima e colta borghesia cittadina. Negli Stati Uniti del sud, intanto, un monumento della musica come Nat King Cole veniva tirato giù dal palco di Birmingham, in Alabama, e aggredito davanti a un pubblico inerme. Era come se, superata una linea invisibile, i neri diventassero qualcosa di non umano.
Green Book parte dalle interviste che Nick Vallelonga, figlio di Tony, ha realizzato negli anni al padre e a Shirley. Peter Farrelly ne ha tirato fuori una sceneggiatura con il contributo di Brian Currie. Un copione perfetto per gli standard della Hollywood contemporanea, carico di buoni sentimenti e amare considerazioni su un passato non così distante.
La forza del film è l’interpretazione dei due protagonisti. Viggo Mortensen, ingrassato e spogliato della sua naturale eleganza, tira fuori una specie di antenato del Joey Tribbiani di Friends, sempre affamato, ignorante ma animato da una bontà radicale. Mahershala Ali conferma di poter fare praticamente qualsiasi ruolo.
Sono cinque le nomination agli Oscar: miglior film, sceneggiatura originale, montaggio e i due interpreti (Ali inserito come non protagonista per ragioni di calcolo, ma è protagonista quanto Mortensen). Ai Golden Globe Green Book ha già vinto come miglior commedia, per l’interpretazione di Ali (sempre come non protagonista) e per la sceneggiatura. Per gli standard attuali di equilibrio e correttezza dell’Academy è un film perfetto, una specie di A spasso con Daisy al contrario. Molto probabile che vincerà Ali (due anni dopo Moonlight) e la sceneggiatura.
(Green Book, di Peter Farrelly, 2018, commedia, 120’)
LA CRITICA - VOTO 7/10
Peter Farrelly passa dalla commedia demenziale alla storia sociale con Green Book. Film perfetto per gli standard d’equilibrio della Hollywood di oggi, sorretto da due grandissime interpretazioni.