Libri
Nelle cripte più oscure
“Necropolis” di Giordano Tedoldi
di Giovanni Bitetto / 24 aprile
Giordano Tedoldi è uno degli autori più interessanti del panorama italiano perché la sua scrittura è un mistero: sfuggente nella forma quanto chiara per immaginario e fascinazioni, riluttante a cristallizzarsi in ragionamenti geometrici quanto fondata su solidi riferimenti filosofici. Tedoldi avanza a tentoni nel suo universo, eppure tiene traccia del cammino già fatto. Un procedere fra i detriti che ha visto l’inchiostro coagularsi nelle forme più disparate: i personaggi irrita(n)ti e disforici di Io odio John Updike, la Roma granguignolesca di I segnalati, il divertissement schizoide Deep Lipsia, le meditazione girardiana in Tabù. Necropolis (Chiarelettere, 2019) si presenta come il testo più immaginifico dell’autore, poiché intessuto sulla distopia – il leitmotiv che percorre ogni capitolo della collana Altrove – e giocato sul progressivo accumulo di elementi fantasmagorici.
In una società futuribile i cui presupposti storici non sono ben specificati, il Maresciallo Yarden visita le sconfinate Necropoli dell’Est e dell’Ovest per ripercorre il suo passato e trovare un giusto luogo di sepoltura. Ad accompagnarlo il nipote adolescente Rama, ideale contraltare “puro” rispetto al cinismo dello zio. Il mondo-necropoli costruito da Tedoldi è un organismo vivo sebbene canceroso; il viaggio di Yarden ricorda la struttura dantesca: l’Inferno della Necropoli Ovest si presenta come un valzer di allucinazioni e voci evocate dall’oltretomba, Yarden si confronta con vecchi compagni d’armi, maestri, familiari, personaggi di spicco che lo vorrebbero come vicino di loculo.
Ne viene fuori una galleria di simboli dell’Occidente in declino, immersi nel reagente di una narrazione grottesca che li fa deflagrare. Alla Necropoli Ovest si succede una zona intermedia in cui il protagonista intrattiene un rapporto amoroso, è il Purgatorio della carne, animato da rimandi freudiani e nietzschiani, un campo narrativo in cui l’autore può rinnovare il repertorio già mostrato in Tabù. Il terzo movimento è quello della Necropoli Est: un Paradiso lanciato in orbita (si tratta di una stazione spaziale), regolato dalla ragione illuministica e dal trionfo della robotica. In essa Yarden sperimenterà la dissociazione fra mente e corpo, la dissoluzione della soggettività umana nella quieta – quanto stolida – architettura razionale della macchina.
Legato a doppio filo con il viaggio di Yarden è quello iniziatico del nipote Rama. La dialettica fra i due è costante, bilaterale; da una parte Rama viene iniziato alla vita adulta attraverso il contatto con il tessuto necrotico della propria società, del passato di guerre che ha forgiato l’ordine della necropoli; dall’altra Yarden trova nel nipote una bussola, una figura idealizzata che preserva ancora le potenzialità positive ormai assenti nel Maresciallo, annegate nel sangue dei suoi turpi atti. Nel viaggio di questo nucleo familiare – come in una moderna Strada – l’uno si compenetrerà all’altro, scoprendo le sfumature dell’animo umano.
Molti sono i temi evocati – mai trattati pedissequamente – da Tedoldi: il rapporto con la memoria, innanzitutto, la frequentazione dei ricordi che diviene riscoperta del rimosso sia personale che collettivo. Poi i destini generali della nostra umanità: non vi è nessun monito millenarista, ma un semplice interrogarsi sulla crepa sociale, economica, emotiva, culturale da cui la razza umana è risucchiata. Nonostante le geometrie distopiche, l’autore guarda, più che al genere, alla letteratura anticlassica. Siamo dalle parti degli sberleffi di Bontempelli e Savinio o del marinismo barocco. Se nei romanzi precedenti la fantasia oscura di Tedoldi era imbrigliata nelle labili strutture del romanzo borghese, in questo caso – grazie al campo d’azione illimitato – l’autore sprofonda nelle visioni più disparate, comunicando al lettore come attraverso una seduta medianica. Non rimane che accedere a stanze proibite, e sdraiarsi sul letto di Procuste della letteratura perturbante.
(Giordano Tedoldi, Necropolis, Chiarelettere, 2019, pp. 282, euro 16, articolo di Giovanni Bitetto)
LA CRITICA - VOTO 8/10
Una galleria di allucinazioni che investe ogni campo del sapere occidentale, riportandoci i detriti di un patrimonio simbolico irrimediabilmente corrotto. Un libro dal carattere sublunare.