Musica
Cambiare tutto per non cambiare nulla
"Tradizione e Tradimento", l'ultimo album di Niccolò Fabi
di Luigi Ippoliti / 18 ottobre
Una somma di piccole cose, l’ultimo lavoro di Niccolò Fabi, era Bon Iver in maniera quasi caricaturale. E lo era anche in anni in cui quel new folk stava smettendo di essere come quello degli anni precedenti, di avere presa sulla musica: è sufficiente pensare al fatto che Justin Vernon scriveva nello stesso anno 22, a Million, che andava staccandosi da certi stilemi. Fabi si immergeva in quel mondo, dunque, in un momento in cui quel mondo andava scomparendo: un’intuizione arrivata semplicemente in ritardo. Tre anni dopo, il cantautore romano torna con Tradizione e Tradimento.
L’apertura dell’album è affidata a “Scotta” e si ripropone una situazione analoga: non è più Bon Iver (che comunque ritorna in maniera netta in Tradizione e tradimento) con le sue camicie di flanella e la sua barba, ma i Sigur Rós, con il freddo e l’imponderabile dell’Islanda. Complice anche il video girato sul Lungotevere che cerca di ripercorrere un po’ quella sacralità di certi live del quartetto islandese, qui non c’è solo ispirazione, ma voglia di essere i Sigur Rós. Classico walzer al piano con gran bel climax strumentale. Eccessivo, stucchevole, triste. Non c’è bisogno di questo, non c’è bisogno che Niccolò Fabi si metta a fare certe cose. Fabi ha una forte identità e questo brano è sostanzialmente inutile, nonostante sia (a questo punto si può dire: paradossalmente) evocativo.
Fortunatamente, però, Tradizione e tradimento non segue quella scia, sviluppandosi su un discorso altro, andando a giocare con ciò a cui è abituato e il suo tentativo di superarlo. Si sente che Fabi abbia provato a scrivere qualcosa di diverso, andando ad abbracciare un po’ di elettronica mischiata a orchestrazioni, ma la sostanza è sempre la stessa. La questione di fondo ruota attorno al fatto che Fabi ha una voce e un modo di modularla precisi e un’immagine mentale della costruzione melodica netta, chiara, che si porta appresso gli insegnamenti di Ivano Fossati e che in questi lunghi anni di carriera è diventata un punto di riferimento per la canzone italiana. In più, anche il pensare la scrittura delle canzoni rimane sempre la stessa. Fabi è ingabbiato nell’essere Fabi: non propriamente nel riuscire non a fare, ma a essere realmente qualcos’altro. Non c’è nulla di male, anzi, ad avercene di gente come lui: Fabi ci prova, ma non ci riesce. Vorrebbe, ma non può. Sembra arrendersi al fatto di perpetuare la tradizione a discapito del tradimento
Fabi rimane sempre un sensibilissimo artista della declinazione della soggettività, un io costantemente irrequieto e insoddisfatto, attento nel redarguire la sua parte disattenta. In “Io sono l’altro” (singolo e probabilmente brano più riuscito dell’album) emerge in tutta la sua forza il suo talento, con quella dose di retorica che rientra da sempre in maniera funzionale nella sua poetica. In grande forma anche le canzoni elenco: in “Amori con le ali” (dove musicalmente ci troviamo Sohn in fissa con Blade Runner che cerca di scrivere la sigla di Stranger Things) l’idea della canzone elenco raggiunge l’apice nella produzione di Fabi, che va a srotolare una lista di mezzi di trasporto (dalle piroghe ai tuctuc, dai taxi ai gommoni), strumenti necessari per trovare una stabilità nell’instabilità dell’io, a dire il vero crogiolandosi nell’incertezza, nella ricerca e nella sottrazione dell’altro: «Grazie a chi / Mi ha regalato un movimento / Allontanandomi da qualcosa / E avvicinandomi a qualcos’altro / Avvicinandomi a qualcuno / E allontanandomi da qualcun’altro / Allontanandomi da qualcun’altro».
Fabi è sempre e comunque un ottimo scrittore di canzoni, quello invecchiato meglio della scuola romana degli anni Novanta, o quantomeno quello che si porta appresso sempre un certo interesse a ogni sua nuova uscita, cosa che per quanto riguarda Daniele Silvestri e Max Gazzè sembra mancare. Tradizione e tradimento è un buon album che, nonostante il tentativo, non sposta sostanzialmente nulla nella sua carriera.
LA CRITICA - VOTO 6,5/10
Niccolò Fabi torna con Tradizione e tradimento, a tre anni da Una somma di piccole cose, troppo improntato su Bon Iver. Oggi ritroviamo un artista che pare voglia stravolgersi, ma che in fin dei conti non ci riesce, mantenendo tutto inalterato.