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Hamsun e Céline, due vite parallele

Tra miseria, scandali e rivoluzione letteraria

di Enrico Picone / 26 ottobre

Esiste una produzione letteraria che irrompe nell’immaginario collettivo occidentale portando con sé una manifestazione artistica e poetica del dolore innovativa e sconcertante, perché ispirata dalla fame, dalla polvere e dal sangue. Va rintracciata a partire dagli anni Novanta del XIX sec., quando Knut Hamsun pubblica il romanzo che per primo gli vale la fama internazionale, e che titolò Sult, ovvero Fame (Adelphi, 1974). Difficile ancora oggi comprendere la caratura titanica di un autore che è spesso relegato editorialmente alla produzione letteraria scandinava, e al quale la letteratura moderna del XX sec. – ravvisa Singer – deve molto più di quanto immagini. È possibile misurare questa eredità, qualora si procedesse a costruire e decostruire somiglianze e divergenze con un autore che ha scardinato la letteratura francese, creando le condizioni per lo scandalo politico e letterario presente ancora oggi in misura più o meno latente: Louis-Ferdinand Céline.

Si intende quindi accostare due figure emblematiche della letteratura che ha sancito il superamento della frontiera letteraria proustiana o dannunziana celebrando la vita non attraverso l’estetica di ville, donne e cavalli, bensì servendosi del potere delle immagini ricercate in una visione cinica di un mondo in cui vagabondaggio, bassifondi e bordelli mettono in ombra i salotti borghesi e le storie più tradizionali. Il parallelismo biografico tra Knut Hamsun e Louis-Ferdinand Céline si sviluppa già dagli anni della giovinezza, miseramente ricca di esperienze che avrebbero trovato una sublime manifestazione letteraria. I numerosi viaggi, la comune esperienza americana e l’avversione per la modernità. Infine, i nuovi venti di guerra, gli scandali politici, le occupazioni naziste di Francia e Norvegia e le accuse di collaborazionismo.

 

La giovinezza

Hamsun nasce nel 1859 a Lom, in Norvegia, trentacinque anni prima di Céline, il quale nasce a nord di Parigi nel 1894. Il padre di Hamsun lavora come sarto prima di trasferirsi con la famiglia in una tenuta a Hamsund. La madre di Cèline è modista presso una bottega sita lungo il Passage Choiseul, descritta come un luogo asfissiante confinato nella penombra. Nelle campagne norvegesi, il giovane Hamsun assiste alla dura vita nei campi condotta dai genitori e dai fratelli, lasciandosi inebriare dai paesaggi rurali che fanno della terra l’elemento centralissimo della sua dimensione spirituale e letteraria. Nelle periferie parigine, Céline cresce in un contesto economico e familiare depresso.

Le figure genitoriali sono descritte come eternamente imprigionate nelle proprie condizioni sociali e psicologiche. Il padre, impiegato presso una compagnia di assicurazioni, è frustrato perché crede di aver tradito la propria vocazione letteraria e accademica. La madre, è spesso afflitta dai tormenti fisici e da una forte e instabile emotività. Le due figure sembrano sovrapporsi a quelle dei contadini dell’Angelus di Millet, che a loro volta si candidano a rappresentare gli anni in cui Hamsun riceve dalla natura una raffigurazione quasi commovente di se stessa. Le interviste all’autore parigino risalenti agli anni cinquanta, quando il Céline antisemita fatica a trascinare il Céline romanziere verso la damnatio memoriae, contengono confessioni preziosissime che contribuiscono non solo a descrivere la miseria sofferta da Céline, ma, date le simili condizioni di vita, anche quella di Hamsun. Nel 1959, Céline ricorda gli anni in cui la madre cucinava esclusivamente tagliatelle perché prive di odore e quindi adatte a non impregnare i tessuti e i merletti. Altro che petite madeleine, da quegli anni Céline ha ereditato la fobia degli odori, «sono cresciuto a pasta e miseria» dice. Nel 1868, all’età di nove anni Hamsun viene adottato da uno zio che garantisce per i suoi studi, al termine dei quali svolge diversi mestieri quali calzolaio, fabbricante di corde, scaricatore di porto.

Tappe analoghe si rintracciano nella biografia di Céline. Nel 1908 è spronato dai genitori a soggiornare all’estero affinché apprenda le lingue straniere. Tuttavia l’esperienza si rivela inconcludente, i genitori gli rimproverano la scarsa attitudine agli studi, in particolar modo il padre insiste affinché si formi adeguatamente per inserirsi nel mondo del commercio.

 

La maturità

Hamsun non rinuncia a dar sfogo alla propria vocazione letteraria. Pubblica infatti alcune opere tra il 1877 e il 1878 che però non gli valgono il riscatto. Nel 1882 si imbarca per gli Stati Uniti, vi rimane fino al 1884 e vi ritorna per un secondo soggiorno dal 1886 al 1888. Le prime esperienze di Céline lo vedono come fattorino prima presso un commerciante di tessuti e poi per conto di un gioielliere. Céline ricorda amaramente nei suoi romanzi ciascuna di queste esperienze, scrivendo di inganni e di torti subiti che generarono in lui un senso di disadattamento sociale che in Hamsun si rintracciano in misura maggiore in Fame e in Un vagabondo suona in sordina (Iperborea, 2005).

Pochi mesi dopo aver conseguito la prima parte della maturità, Céline si arruola volontario nel dodicesimo reggimento corazzieri. Nel 1914, già promosso brigadiere, è inviato a combattere nella Fiandre occidentali. Il ruolo di Céline nel corso della Grande Guerra è storia nota, e ciò lo si deve al successo universale del Voyage (Viaggio al termine della notte, Corbaccio, 2015) che propone una versione romanzata e non meno cruda anche delle esperienze nell’Africa coloniale, negli Stati Uniti e nelle periferie parigine dove lavora come medico. Già, perché a differenza di Hamsun, la vocazione di Céline è tutt’altro che letteraria, ad affascinarlo sono piuttosto gli studi di medicina. La scrittura è ridotta a un gesto inutile e insignificante. In una intervista del 1957, ci lascia in eredità una delle sue più preziose riflessioni sull’essenza dello scrivere: «Ho smesso di essere uno scrittore, nevvero, per diventare un cronista. Ho messo la mia pelle in gioco, perché, non dimenticate una cosa, la grande ispiratrice, è la morte. Se non mettete la vostra pelle sul tavolo, non avete nulla. Uno deve pagare! Quello che è fatto senza pagare, non conta nulla, vale meno del nulla. Allora, avete scrittori gratuiti. Al giorno d’oggi, ci sono solo scrittori gratuiti. E quello che è gratuito, puzza di gratuito».

È evidente che Céline ha sempre condotto un gioco ambiguo, in cui non potendo disfarsi della fama di grande intellettuale si propone di abbattere i canoni della scrittura e le inventive degli scrittori, anche dei più grandi. Ma così facendo, più o meno consapevolmente, eleva la scrittura a vette esplorate da Hamsun prima di lui, dove un panorama sconcertante fatto di fame, viaggi e miseria attendono l’ignaro lettore borghese. Se il dolore diviene la misura dell’arte, lo dobbiamo prima ancora a Hamsun che a Céline. L’impatto destabilizzante della modernità americana era stato raccontato nel 1889 in La vita culturale dell’America moderna (Arianna Editrice, 1999). Oltre che in Fame, Hamsun aveva già messo la pelle in gioco in Pan (Adelphi, 2001), in La regina di Saba (Iperborea, 1999), in Un vagabondo suona in sordina, opere che mescolano alla frizzante aria dei boschi ai rapporti umani che si accartocciano nell’ossessione, nella frustrazione e nella solitudine.

Ossessivo è il rapporto con il sesso, vedi La regina di Saba, frustrante è la ricerca del riscatto, vedi Fame, solitario è il l’intero voyage di Hamsun. Su questo punto va argomentata una divergenza piuttosto che una analogia. Céline ci circonda di personaggi, ci strattona tra un accadimento e l’altro ed è come se ci trovassimo accalcati nella grande e sciagurata fiera della vita. Con Hamsun è diverso, la sua miseria e il suo dolore sono solitari. In confronto, la fiera è deserta e non restiamo che noi a vagare nel gelo tra i rifiuti. Nel 1920, Hamsun è insignito del Premio Nobel per la letteratura. Nel 1943, donerà la medaglia al ministro per la Propaganda, Joseph Goebbels.

 

 

Le accuse di collaborazionismo

Nel 1933, si compiva l’ascesa al potere di Hitler. Hamsun aveva settantaquattro anni, Céline trentanove. Non ci fu alcun carico di novità in seguito alla presa di potere, era stato chiaro fin dal principio che il proposito di trasformazione sociale di Hitler superava ogni limite. Si proponeva ovvero di selezionare, proteggere e creare un’identità genetica, un popolo unito non solo dalla stessa politica ma dallo stesso sangue. Molti intellettuali europei, appartenenti sia alla generazione di Hamsun che a quella di Céline, si erano affermati come scrittori nuovi, in un’epoca in cui il fascismo nella sua forma più esasperata si proponeva di generare l’uomo nuovo, l’ariano, candidato al predominio sulle razze inferiori e contaminanti.

Per Hamsun, Hitler ha continuato a rappresentare fino alla fine della guerra il grande riformatore tradito dal suo tempo. Intendeva il nazismo come il valoroso nemico filo-teutonico della modernità incarnata dall’imperialismo britannico, verso il quale provava da sempre una viscerale avversione politica e ideologica. A partire dagli anni Trenta, Céline si dedica a una produzione letteraria parallela a quella dei suoi romanzi. Pubblica pamphlet che svelano la sua retorica violenta ed esplicitamente antisemita. Nel 1937, l’editore Denoël dà alle stampe Bagatelles pour un massacre, il primo dei pamphlet antisemiti incriminati, più le cosiddette lettere della vergogna inviate tra 1940 e il 1944 a periodici in parte foraggiati dagli occupanti nazisti come “Je suis partout”, “La Gerbe”, “Au Pilori” e “L’Appel” per un ammontare di ventitré lettere, tre inchieste, tre interviste, un manifesto e tre dichiarazioni attribuitegli e passate al vaglio degli inquirenti e che aggraveranno il bilancio della presunta collaborazione, in un processo già gravemente compromesso dal caso Bagatelles. Le copie del pamphlet erano infatti state ritirate dal mercato nel 1939, anno in cui la Francia adotta la legge Marchandeau.

Céline era uno dei fantasmi della Grande Guerra che vagavano per le strade delle città nella forma di giovani veterani mutilati e invalidi, disillusi e afflitti dal dolore esistenziale condiviso da un’intera generazione. Ciò spiega il crollo del tasso di natalità registrato tra il 1914 e il 1919 che si tradusse nel drastico ridimensionamento del contingente di leva militare. Questa era la Francia che si presentava agli occhi di Céline, il quale guardando al futuro della sua nazione e a un eventuale coinvolgimento in nuovo conflitto, prevedeva “la fine della razza”. Nell’aprile del 1940, Francia e Inghilterra assistono inerti all’occupazione nazista di Danimarca e Norvegia. Hasmun guardava con immenso favore all’instaurazione del governo collaborazionista retto da Vidkun Quisling. Pochi mesi più tardi, l’armistizio del 22 giugno 1940 sanciva la fine dei combattimenti e convinceva i francesi della vittoria nazista. Si instaurava il regime di Vichy retto dal maresciallo Philippe Pétaine. I nomi degli intellettuali che durante gli anni della collaborazione si erano avvalsi del sostegno finanziario garantito dall’ambasciata tedesca, o che si erano espressamente schierati a favore, figureranno nel bilancio del processo istituito in Francia e Norvegia.

In seguito allo sbarco alleato in Normandia, Céline fugge nella Danimarca occupata prevedendo di essere perseguitato perché sospettato di collaborazionismo. Ma quando le truppe naziste l’abbandonano, la legazione francese a Copenaghen chiede l’arresto e l’estradizione per collaborazionismo bellico. Sconta quattordici mesi di carcere duro nel penitenziario di Vesterfangsel. Hamsun, ottantaseienne, viene processato e sottoposto a perizia psichiatrica, quindi confinato fino al 1948 in uno ospedale psichiatrico. Céline scrive due memoriali dalla Danimarca, nel 1951 è amnistiato e fa ritorno in Francia. L’anno successivo, a novantatré anni, muore Knut Hamsun, tre anni dopo aver scritto il diario dell’internamento che titolò Per i sentieri dove cresce l’erba (Fazi, 2014).

Tempi e luoghi interessati da curiose convergenze che lasciano pensare come Hamsun e Céline siano stati concepiti come due forme non dissimili, che si sovrappongono armonicamente procedendo lungo i binari del Novecento, attraversando i confini europei, prevedendo fermate presso i luoghi divenuti oggi simboli della memoria attorno ai quali gravitano la sensibilità delle nazioni per gli orrori subiti e le responsabilità per gli orrori commessi. Il genio e l’orgoglio li hanno resi protagonisti di vite curiosamente simili, nonché fautori di una sublime rivoluzione letteraria.