Musica
Gli Smashing Pumpkins e i synth
Il nuovo album della band di Billy Corgan
di Luigi Ippoliti / 2 dicembre
Paragonare Cyr al passato degli Smashing Pumpkins è un gioco a perdere. Non staremo qui a parlare di quanto fosse sbalorditivo Mellon Collie o quanto Siamese Dream sapesse puntarti diritto al cuore. Non ha senso. Neanche nell’anno in cui Billy Corgan rimette insieme i pezzi, aggiungendo Jeff Schroeder a James Iha e Jimmy Chamberlin.
Quindi proviamo a prendere Cyr senza prendercela troppo con le scelte di Corgan, la sua egomania, i suoi progetti solisti. Prendiamo Cyr come quello che è: qualcosa di innocuo, un album che avrebbero potuto fare in tanti, ma che quantomeno non ci fa reagire ai suoi lavori come abbiamo fatto ultimamente, lasciando perdere l’ascolto per fare altro.
La trovata di base non è di certo originale: synth pop/rock con rimandi più o meno evidenti agli anni ’80. La retromania arriva come l’immagine di Corgan che se ne sta lì a raschiare nel fondo del barile della sua vocazione artistica. Non sono i primi e non saranno gli ultimi a fare così. Lasciamogliela passare.
Qui non si vuole cercare di essere faziosamente clementi nei loro confronti, e in particolare con Corgan. Ma gli anni 2000 degli Smashing Pumpkins sono stati davvero troppo brutti per essere veri. Ma purtroppo sono sono stati reali e Zeitgeist e Oceania lo testimoniano senza troppe questioni. E quindi per questo Cyr arriva in modo inaspettato, nonostante tutti i suoi difetti.
Cyr non è un capolavoro, non è un grande album, non è un ottimo album. Ma ha quantomeno un’idea e, se non un’idea, almeno le canzoni prese singolarmente sono state impacchettate per bene, pur somigliandosi tutte un po’ troppo tra di loro (tranne “Wyttch“, quasi stile Gish). C’è da dire, inoltre, che Corgan non sembra rantolare come ci ha abituati ultimamente. E questo è una boccata d’aria, più o meno fresca. Appare centrato nell’universo dell’album e gli regala profondità.
C’è però una questione legata alla lunghezza di Cyr, che è anche uno dei leitmotiv che ha accompagna gli Smashing da sempre. Ma se negli anni ’90 veniva compensata con un’ispirazione artistica enorme, nel momento in cui questa è scemata sono usciti fuori tutti i loro limiti.
Il tempo per Billy Corgan e la sua relazione con la musica, quindi. In mezzo a questi due fuochi, a guardare bene, non è mai riuscito a districarsi. La magniloquenza, l’esagerazione, la mole enciclopedica. Come a voler espandere il proprio ego in maniera esasperata attraverso i suoi dischi. Anche in Cyr emerge il più grande difetto di Corgan: l’incapacità di sfoltire il troppo. Che è anche la sua incapacità di calibrare il proprio ego.
Magari senza arrivare a Hemingway e al suo iceberg, ma nascondere per far vedere di più probabilmente avrebbe permesso a lui e ai suoi Smashing di raccontare e di raccontarci un’altra storia.
LA CRITICA - VOTO 5,5/10
Meglio di quanto fatto ultimamente da Billy Corgan, Cyr. Purtroppo però, alla fine, neanche i synth riescono a risollevare le sorti degli Smashing Pumpkins. O quello che ne rimane.