Musica
Friends That Break Your Heart
L'ultimo album di James Blake
di Luigi Ippoliti / 13 ottobre
Nel 2011 James Blake è stato una folgorazione. Ciò che lo ha seguito, tra alti e bassi, non è mai riuscito a raggiungere quel livello. Neanche a sfiorarlo. Sono passati 10 anni e ci ritroviamo in mano un nuovo album dell’artista inglese, Friends That Break Your Heart.
Ragionare attorno a Blake ti porta ogni volta a fare i conti con il suo talento. Un talento innegabile, palese, sfacciato. Un talento eccessivo anche per i suoi album. Talento che sbuca ovunque, soprattutto nei pezzi meno riusciti. Ma più passa il tempo e più c’è una questione ingombrante: James Blake si sta incartando sempre di più in quella che è l’idea Jame Blake?
James Blake si riduce nell’immaginario James Blake o può essere altro?
Friends That Break Your Heart, sulla scia di Assume Form, continua a dare quest’impressione. James Blake è sempre un fenomeno etc etc. Di fatto, però, quello che succede in Friends That Break Your Heart è esattamente quello che ci si aspetta da lui. E a ogni passaggio sembra che la formula perda di impatto e di significato.
In più, per buona parte dell’album, c’è un intrusione massiccia di featuring mainstream, cose che potrebbero stare bene da Beyoncé a qualsiasi altra epigona, che appesantisce il tutto. Lo sposta su un altro piano, un posto con cui lui, teoricamente, non dovrebbe avere nulla a che fare. Ne fa una strana macchietta, un subprodotto omologato simile a infiniti altri.
Che sia una questione di stile, qualcosa per cercare altre strade o semplicemente un modo per avvicinarsi a determinate fette di mercato, o magari entrambe le cose, poco (più o meno) importa: il risultato non cambia, perché da un punto di vista artistico l’intera economia dell’album ci perde. Lo rende inutilmente ridondante.
Nonostante questo – ma in fin dei conti proprio per questo – l’album parte alla grande. I primi due brani, “Famous Last Words” e “Life is Not The Same“, sono vivi, si sviluppano in maniera splendida, con tensione e crescendo emotivi. Blake canta come un Dio. Ma finisce tutto lì. Lì dove sembrava dovesse aprirsi chissà cosa. E dove invece si apre invece una parentesi dimenticabile, con rammarico e la sensazione che un Ep del genere sarebbe stato molto meglio.
Nel tronco finale c’è una lieve ripresa, ma sembra troppo poco e, di nuovo, un po’ sempre la stessa cosa. I pezzi rispetto a dieci anni fa, poi, sono più intellegibili, più chiari, più forma-canzone. Non è un problema di forma, ma di intenti.
In “Say What You Will” c’è forse un po’ troppo Bon Iver, “Lost Angel Night” somiglia sinistramente a una ninna nanna per bambini hipster e “If I’m Insicure” dai toni apocalittici stile Blade Runner girato nel 2050 non riesce a convincere del tutto. Solo “Friends That Break Your Heart” stupisce nella sua canonicità: una ballata voce e chitarra (chitarra vera, non filtrata da synth e simili), davvero una rarità nella carriera dell’artista inglese.
Esiste James Blake al di fuori di tutto questo?
LA CRITICA - VOTO 5,5/10
James Blake sempre un fenomeno, ma gli album che scrive (ultimamente) non riescono a stare dietro al suo talento.