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Predestinati o solo esseri umani

A proposito di “Randagi” di Marco Amerighi

di Giovanna Nappi / 29 novembre

Quella di Randagi, l’ultimo romanzo di Marco Amerighi (Bollati Boringhieri, 2021), è una storia che verte su una promessa menzognera ma narrativamente impeccabile, ovvero che il principio di tutto sia la maledizione che pende sulla testa degli uomini Benati, quattro, destinati a scomparire per un qualche periodo senza che si sappia dove sono stati, o cosa sia capitato loro.

La dichiarazione d’intenti dell’autore mette erroneamente il lettore nella condizione di predisporsi ad accogliere una storia di scomparsi – da questo, forse, il termine «randagi»? – o di misteri irrisolti, e il racconto del primo Benati vittima di quella silente profezia parrebbe confermarlo: Furio, sparito in Etiopia nel 1936 e ricomparso quasi miracolosamente dopo la guerra, è l’emblema di quella maledizione; anche suo figlio, Berto, sembra seguire una traccia già percorsa, seppure in maniera differente. Berto infatti sparisce a sua volta, preda più della dipendenza da gioco che non di un disegno prestabilito. Ma si tratta comunque di sparizioni, l’ultima delle quali lo restituirà a sua moglie Tiziana senza un dito (d’ora in avanti per tutti, figli compresi, sarà il Mutilo). Ma dov’è che l’autore “mente”? Dove si nasconde la verità sui Benati?

Sia chiaro, non c’è qui l’intento di smascherare nessuno, quanto piuttosto di sottolineare come l’apparente principio di una storia possa diventare lo strumento finzionale per raccontarne un’altra, non meno interessante e ben costruita, ma anzi la migliore storia possibile che si possa riservare al lettore.

E quindi i Benati, dicevamo: come abbiamo annunciato all’inizio, sono quattro. Dopo Furio e il Mutilo, ci sono Tommaso e Pietro, i figli del Mutilo e di Tiziana: Tommaso, da primogenito, incarna tutte le speranze che i genitori possono nutrire per la propria prole; è eccezionale in qualunque cosa faccia, dagli sport allo studio. Pietro invece arranca, senza una particolare propensione nei confronti di una disciplina o di un hobby. Ma d’altronde sono giovani, c’è tutto il tempo per trovare la propria strada. Sarebbe così, perlomeno, se non ci fosse quella maledizione ad aspettarli dietro l’angolo, spada di Damocle che condiziona chi ne è destinato molto di più prima che dopo il suo manifestarsi.

Nella Pisa a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, Tommaso e Pietro si comportano come farebbero tutti i fratelli con un padre ludopatico e inaffidabile e una madre ipocondriaca sempre pronta ad accogliere i suoi uomini sulla soglia di casa: fanno squadra, si divertono, crescono. Fino a quando un incidente non compromette la carriera sportiva di Tommaso e non costringe a rivedere i piani per il futuro.

È a partire da questa deviazione imprevista che inizia la vera fase di randagismo, per Tommaso prima, per Pietro dopo. È l’occasione per Amerighi di dare nuovo respiro alla storia, di allargare gli orizzonti narrativi dal racconto del lessico familiare a quello dei figli Benati nel mondo.

Per farlo è necessario inserire nuovi personaggi, nuove sottotrame, che di fatto subentrano prima in sordina, poi prendendo sempre più piede. Il gioco dei contraltari tra vicende primarie e secondarie non inficia però la trama portante, e la arricchisce anzi di nuove sfumature, la potenzia a un livello superiore di narrazione. Il modo in cui le complicate storie di questi personaggi si intrecceranno a quella di Pietro è prerogativa della bravura di Amerighi, che si rivela un grande tessitore. La struttura dell’intero romanzo è infatti perfettamente riuscita e l’impalcatura dei Benati ben costruita, incrollabile.

Così vediamo arrivare prima Laurent, francese temporaneamente trapiantato in Spagna; poi Dora, la seconda rilevante figura femminile, dopo quella di mamma Tiziana. Il passato tormentato dei due si confonde, si sovrappone in varie forme agli scheletri di Pietro, ai suoi dolori, in un ciclico girovagare di uomini e donne in cerca di una meta.

In questo peregrinare continuo tra paesi e continenti diversi, tra tentativi più o meno fallimentari di affermare sé stessi, nel desiderio intimo e profondo di definirsi come esseri umani al di là del legame di sangue, al di là del passato, è l’essenza della storia di Pietro e di tutti coloro che gli graviteranno intorno, anche dei suoi lettori.

 

(Marco Amerighi, Randagi, Bollati Boringhieri, 400 pp., euro 18, articolo di Giovanna Nappi)