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Libri

Elevare a scrittura le notti

“Notti insonni” di Elizabeth Hardwick

di Anita Fallani e Elisabetta Sangiorgio / 16 marzo

La memoria, la dimensione privata della storia, è materia viva per i letterati. Approcciarsi alle pagine di Notti insonni (Blackie Edizioni, 2021) significa sfogliare un diario senza date i cui riferimenti spaziotemporali sono solo talvolta deducibili; ma la materia vissuta e l’emozione provata quando gli avvenimenti accadevano viene restituita senza filtro dalla penna di Elizabeth Hardwick che alza al livello di letteratura colta il bello per il bello e le sue sensazioni.

Non è semplice entrare nelle fibre delle pagine, nel solco delle parole che tracciano una narrazione per immagini, perché Hardwick decide di trattare il suo vissuto con un livello potentemente poetico. Questo libro è come un plico di fotografie uscite da un rullino in cui non tutti e trentasei gli scatti sono riferibili allo stesso viaggio, alla stessa cerimonia, allo stesso periodo. La voce del narratore è di chi quelle foto le ha fatte e le spiega restituendo la dimensione emotiva di quegli sguardi, di alcuni incontri, di certi salotti, senza nascondere la sorpresa per l’inattesa foto successiva che trasforma la storia di quel rullino e conduce altrove il lettore.

Partendo dal Kentucky, dove è stata una giovane donna in una famiglia numerosa, la memoria di Elizabeth Hardwick passa attraverso i luoghi che ha abitato, le stanze, le case, le città, i paesi, i climi; un percorso perfettamente sintetizzato dall’autrice quando dice: «Tutto mi è arrivato, e tutto mi è stato tolto, perché mi sono sempre spostata da un posto all’altro». Ma il ricordo passa anche attraverso le persone, i volti, le storie che Elizabeth ha incontrato negli anni, per le quali si è appassionata e ha provato compassione, nel senso più filologico del termine. Le storie che racconta diventano la sua, lei se ne fa carico e lascia loro ampio spazio nella sua biografia. Notti insonni è una biografia costruita attraverso il collage di altre biografie, che in un gioco di sottoinsiemi definiscono l’oggetto principale.

Queste storie sono innanzitutto, ma non solo, storie di donne, e storie di uomini che amano le donne. Alcune emergono da un sostrato inquietante, quasi disperato, «dalla terribile confusione di un mondo distorto». Come quella della giovane Juanita, che si prostituisce senza averne necessità, figlia amatissima ma indifferente, che si lascia consumare da una malattia venerea. O come il dottor Z., raccontato attraverso il suo rapporto con l’amore e attraverso i suoi amori, le sue donne, perché «alcuni uomini si definiscono tramite le donne, anche se tendono a credere che sia il contrario».

La lingua di Hardwick, complice anche l’eccellente traduzione di Claudia Durastanti, è tutto in questo libro, parla, gorgheggia, risuona e racconta. Le parole si susseguono rotolando sulle pagine, evocano, cantano, disegnano, creano senza la necessità del significato. Questo è un libro estetico e denso, composto da una lingua abbondante, generosa, che si produce in trittici di aggettivi, nomi e verbi, per identificare al meglio un oggetto volubile quale è la vita umana, la vita dell’autrice. Le donne di Hardwick sono doloranti, abbattute, sole, a volte povere, sporche e maltrattate, ma conservano una dignità che sta nella scelta libera della propria sofferenza. Una dignità verginale, solitaria, che sta nel rifiuto dell’uomo come salvatore.

La grandissima capacità visiva e l’impatto emotivo dei ricordi costringono ad arrendersi e a vivere la narrazione come degli scampoli sconnessi, tenuti insieme da un filo sgargiante, che è quello della capacità evocativa della memoria e della scrittura, che collaborano. «Mi dedicherò a un lavoro di memoria trasformata e persino distorta e condurrò questa vita, la mia vita di oggi», dichiara Hardwick nella prima pagina del libro. Ma in fondo la capacità letteraria enorme che l’autrice dimostra in queste pagine è di riuscire a restituire la realtà, privata nelle sue connessioni, di una notte insonne. Nel buio di una notte la narrativa potenzia i collegamenti dei pensieri associativi, che avrebbero una logica posticcia e artificiosa se dovesse essere spiegata, ed è in questo che si manifesta la dimensione privata del vissuto.

La narrazione prende il respiro necessario per raccontare e portare alla luce la catena di ricordi legati a un’esperienza, a un luogo, a una persona. Sembra un flusso di coscienza trascinato dalla memoria e spontaneo, ma in realtà è una racconto curato, revisionato, limato e perfezionato con attenzione ai dettagli. Dettagli come gli indonesiani magri e senza lavoro di Amsterdam che ritornano all’inizio e alla fine della parte ottava.

Sullo sfondo le questioni politiche e sociali, il lavoro dell’autrice come critica letteraria, i salotti, le città, gli ambienti colti si mescolano con le persone, definendole ed esaltandone il carattere: in poche pagine i protagonisti cambiano, e il lettore si affeziona a nuovi, temporanei ma totalizzanti personaggi, che alla fine scompaiono, per lasciare posto ad altri. «Il tormento delle relazioni personali. Niente di nuovo, se non nel travestimento, e nella fuga sulle ali degli aggettivi. Dolce essere trafitti dalle croci alla fine dei paragrafi».

Hardwick coglie in poche parole, in frasi brevi ma indimenticabili, la complessità, la specificità e allo stesso tempo l’universalità dei rapporti umani. Così qualunque artista, o anche solo chi abbia provato nella sua vita a scrivere, suonare, disegnare o recitare si ritrova nell’illuminazione che «l’invidia non è il vizio dell’intellettuale paralizzato. Come fa l’invidia a prendere la mente in ostaggio, quando la noia la anticipa sempre, in avanti sul tempo, lì pronta? La noia per i risultati di quelli che stanno sempre a lavorare e produrre». Chiunque abbia passato una notte insonne si ritrova nel «dramma indescrivibile e totalizzante dell’assenza di sonno»; chiunque ha abitato sa che «ogni casa è un santuario»; e avanti così tra frasi che sembrano scritte apposta per chi le legge, e lo sono, perché sono scritte apposta da chi scrive.

Notti insonni è un racconto delle vite e degli amori altrui, e del grande amore di Hardwick, mai però nominato esplicitamente. È un’analisi del sentimento nelle sue forme più umane e incarnate, nelle sue manifestazioni attraverso l’uomo, la donna e le loro storie, le loro vite. Un trattato tenuto insieme da una memoria scostante, poetica e letteraria. È soprattutto una celebrazione di questi sentimenti, fragili e pieni di contraddizioni. Perché «comunque mi piace essere compresa da quelli di cui mi importa».

 

(Elizabeth Hardwick, Notti insonni, trad. di Claudia Durastanti, Blackie Edizioni, 2021, 176 pp., euro 19, articolo di Anita Fallani e Elisabetta Sangiorgio)