Cinema
L’ultima notte d’Italia
Sulla prima parte di "Esterno notte"
di Francesco Vannutelli / 20 maggio
Vent’anni dopo Buongiorno, notte, Marco Bellocchio torna a guardare al sequestro e all’omicidio di Aldo Moro con Esterno notte. Lo fa in una serie tv anomala, in cui si sente soprattutto il cinema e che infatti nel cinema trovo il suo spazio ideale.
Dopo la presentazione al Festival di Cannes, Esterno notte arriva nelle sale italiane diviso in due parti prima di debuttare su Rai Uno nel prossimo autunno. In questa prima parte sono raccolti i primi tre episodi della serie.
Sembra iniziare come il seguito ideale di Buongiorno, notte il nuovo progetto di Bellocchio. Dove lì lasciavamo un Moro onirico che riusciva a scappare dalla sua prigione, qui troviamo un Moro dopo la fuga, salvo ma stanco, ricoverato in ospedale sotto lo sguardo degli amici di partito: Andreotti, Cossiga, Zaccagnini. È solo il prologo di un’opera che moltiplica i punti di vista ed esce dalla prospettiva del sequestro per guardare al Paese.
Nella prima delle tre puntate che compongono la prima parte di Esterno notte seguiamo Aldo Moro nei giorni immediatamente precedenti all’attentato. La tensione nella DC per l’apertura a sinistra, le contestazioni universitarie, la famiglia adorata, poi l’attacco. I due episodi successivi guardano alle conseguenze, alle reazioni anche corporali dei co-protagonisti, con il vomito violento di Andreotti, la decadenza fisica di papa Paolo VI. C’è lo Stato, incarnato da un Francesco Cossiga (ottimo Francesco Russo Alesi) spaesato, e la Chiesa, con il pontefice interpretato da Toni Servillo che soffre nel corpo e nello spirito.
Se già il trailer aveva colpito per l’incredibile livello di immedesimazione degli interpreti, Esterno notte arriva poi a impressionare per la precisione e la pazienza del lavoro di costruzione, ancor più che di ricostruzione.
Nel tornare a interrogarsi sul rapimento del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro del 16 marzo 1978 da parte delle Brigate Rosse e sui 55 giorni di prigionia, Marco Bellocchio ha trovato per Esterno notte un potente alleato in Fabrizio Gifuni. L’attore romano ha già nel suo repertorio un Moro cinematografico (Romanzo di una strage) e uno straordinario lavoro sulle lettere dalla prigione del presidente nello spettacolo teatrale Con il vostro irridente silenzio. Il suo Moro sullo schermo sembra uscire dalle immagini di repertorio per l’accuratezza dei gesti, dei movimenti, della voce. Nel calarsi totalmente nei panni e nel corpo del presidente, Gifuni aiuta lo spettatore a immergersi nella storia, a vivere il ’78 e le sue tensioni.
Dietro la macchina da presa e al tavolo della scrittura (con Ludovica Rampoldi, Stefano Bises e Davide Serino), Bellocchio sostiene la monumentale grandezza di Esterno notte con tutta la sua maestria. Nel solco che già aveva inaugurato con Il traditore, il cineasta di Bobbio conferma la sua capacità di coniugare la lezione del cinema civile del passato con uno sguardo più contemporaneo. Anche qui si sentono echi del Paolo Sorrentino di Il divo e di uno Young Pope meno glamour.
Il risultato di questa prima parte di Esterno notte è la traccia dell’episodio che più di tutti ha contribuito a formare la realtà politica e sociale italiana degli ultimi 45 anni, ma che più di tutti sembra essere stato rimosso. Quell’attacco al cuore dello stato che ha lasciato l’Italia esposta e che ha cambiato il corso della storia.
Marco Bellocchio lo ricostruisce con precisione e con libertà. Va a indagare anche nelle stanze private, mostrando la solitudine del potere, le fragilità e le incertezze di chi ha vissuto e sofferto la prigionia dall’esterno. E rende la storia un monumento a cui dovremmo guardare tutti.
(Esterno notte – prima parte, di Marco Bellocchio, 2022, storico/drammatico, 160’)
LA CRITICA - VOTO 9/10
Opera colossale che unisce cinema e serialità, la prima parte di Esterno notte è un lungo viaggio storico nella solitudine, con una costruzione del passato che unisce rigore e libertà.