Flanerí

Musica

“Battle Born” dei Killers

di Mirko Braia / 15 ottobre

La scena new-rock può festeggiare il ritorno di uno dei suoi gruppi più rappresentativi. Era infatti il 2008 quando, dopo l’uscita di Day & Age, i Killers sentirono di aver perso un po’ la loro strada e si presero una necessaria pausa di riflessione. Due anni più tardi il cantante Brandon Flowers pubblicava Flamingo, il primo album da solista: esperimento tra l’altro ben riuscito.

A quattro anni di distanza dall’ultima fatica i ragazzi di Las Vegas hanno trovato l’ispirazione e la voglia di tornare in studio, e il risultato è Battle Born. A questo ritorno in grande stile hanno partecipato ben cinque e prestigiosi produttori: Stuart Price, Steve Lillywhite, Damian Taylor, Brendan O’ Brien e Daniel Lanois, i quali hanno aiutato i Killers nella realizzazione delle dodici tracce che compongono il lavoro.

Ma quanto e cosa è cambiato dai tempi di Day & Age? E dal 2002, quando veniva pubblicato il loro famigerato esordio Hot Fuss? Tanto, sicuramente tanto. Il rock giovane e sfrontato di “Somembody Told Me”, “Sam’s Town” o “Spaceman” (solo per citare un singolo da ogni precedente lavoro) è storia passata. Se si vogliono ritrovare le sonorità che hanno contraddistinto i vecchi lavori dei Killers sarà bene rispolverare i loro dischi, perché con Batlle Born abbiamo assistito alla prova di maturità di Brandon e compagni.

Le prime due tracce, “Flesh and Bone” e “Runaways” (primo video che anticipava l’uscita dell’album) ne sono chiari esempi. Nonostante un ritmo indubbiamente orecchiabile, le sensazioni all’ascolto sono assolutamente diverse da quelle dei successi del passato. Se la carica emotiva è rimasta la stessa, la differenza sta nel ritmo (un filo più compassato rispetto a quanto ci avevano abituato ad ascoltare) ma soprattutto nel modo in cui viene trattato l’amore (tema portante dell’album presente in quasi tutte le tracce), affrontato in maniera più matura, come si evince leggendo e approfondendo i vari testi.

Tutto questo forse ha causato un lieve appiattimento del ritmo, comunque sempre godibile, che rimane praticamente lo stesso quasi fino al termine. Bisogna infatti arrivare ad “Heart of a Girl”, nona traccia del disco, per trovare un vero e proprio cambio di direzione. Ci troviamo di fronte infatti alla prima vera e propria ballad di Battle Born, a cui tra l’altro segue “From Here on Out”, unica canzone dalla melodia spiccatamente rock (con qualche sfumatura quasi pop) che forse arriva troppo in ritardo per cambiare un po’ l’atmosfera. Chiudono l’album la struggente “Be Still” e “Battle Born”, il saluto della band al suo pubblico, che si chiude con il coro dei ragazzi sopra le note del solo pianoforte prima di sfumare dolcemente verso la fine.

Al momento di tirare le somme non ci sono dubbi, i Killers hanno superato (quasi) a pieni voti la prova. I quattro anni di pausa hanno evidentemente giovato. Lo stesso Brandon (autore di gran parte delle canzoni) ha fatto tesoro della sua esperienza da solista, portandola in studio assieme al resto della band (forse è proprio Flamingo il lavoro che più si avvicina a Battle Born ).

Resta un piccolo dispiacere nel constatare l’assenza totale del rock che ha reso famosi i ragazzi di Las Vegas e ha colpito tutti i fan, ma crescere vuol dire anche lasciarsi alle spalle il proprio passato. Ora starà ai Killers farcelo dimenticare.