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Musica

“Oui Oui Si Si Ja Ja Da Da” dei Madness

di Tommaso Di Felice / 12 novembre

Certe volte, il nome è una garanzia e basta davvero quello. Anche quando il tempo passa, la voce non è più la stessa e saltare su un palco diventa sempre più duro. Ma quando sei una delle principali formazioni 2 tone ska, l’energia e la voglia non possono mancarti, perché ci sarà sempre qualche skinhead/mod/punk pronto a seguire le tue gesta. È il caso dei Madness, da oltre trent’anni sulla cresta dell’onda.

I ragazzi di Camden stanno insieme dal 1976 e, tra alti e bassi, hanno sfornato successi come “One Step Beyond”, “Our House”, “Baggy Trousers” e “They Call It Madness”, insieme a tanti altri brani che nel decennio degli anni ’80 hanno fatto scatenare i frequentatori dei club inglesi. Dopo un periodo di inattività dovuto ad un normale calo di vendite, nel 1999 tornano in studio e sfornano un nuovo album, celebrando anche il loro ventennale.

Ma il loro anno sembra proprio essere il 2012. Dopo la loro esibizione primaverile al festival di Coachella (California) e la performance per le celebrazioni del sessantesimo anno sul trono  della regina Elisabetta II, nel luglio di quest’anno hanno suonato anche nella cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici di Londra, in mondovisione.

Il 29 ottobre è uscito Oui Oui Si Si Ja Ja Da Da, decimo album dei Madness. Il disco, che già dal titolo dice molto, è articolato in 14 tracce movimentate e allegre, come da tradizione. La prima è “My Girl 2”, versione rinnovata di “My Girl” del 1979, in chiave pop e più orecchiabile al grande pubblico visto che è stata prontamente ripresa per scopi pubblicitari. Il remix della stessa lascia qualche perplessità.

Canzone chiave, testimone dei tempi che cambiano e della fine di un’epoca è invece “Death of a Rude Boy”, ritornello cupo, quasi funereo.

Il resto dell’album è diviso tra brani ska come “So Alive” e “How Can I Tell You”, mentre “La Luna” possiede sonorità tipiche del mambo. L’irriverenza e la goliardia contraddistinguono come sempre il sound tutto sassofoni, trombe e tastiera della band londinese.

Il nuovo lavoro di Graham “Suggs” McPherson e soci, se si esclude qualche esperimento, non possiede quasi nulla di diverso rispetto ai dischi del passato e questa sembra proprio essere la sua forza. La continuità è il loro marchio di fabbrica: avendo lo stesso stile da diversi decenni, non si sono preoccupati troppo di restare al passo con i tempi. Canzoni come “Circus Freaks” e “Black and Blue” hanno lo stesso sapore della seconda ondata ska di metà anni ’70, la stessa che ha reso celebre The Specials, Bad Manners e The Selecter. Ultima chicca, la copertina del disco è stata disegnata da Peter Blake, l’artista che si è occupato di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles. Da sempre, un passo avanti!