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“Paul Harbutt. Bad Boys” al Museo Carlo Bilotti

di Flavia Sorato / 29 gennaio

«Era una caldissima giornata di luglio. Il Riccetto che doveva farsi la prima comunione e la cresima, s’era alzato già alle 5; ma mentre scendeva giù per via Donna Olimpia coi calzoni lunghi grigi e la camicetta bianca, piuttosto che un comunicando o un soldato di Gesù pareva un pischello quando se ne va acchittato pei lungoteveri a rimorchiare».

Pier Paolo Pasolini apre con questa immagine Ragazzi di vita, storia di giovani cresciuti nell’Urbe tra povertà e difficoltà in un contesto sociale disgraziato che li porta a passare le giornate per strada alla ricerca di passatempi e modi per raccogliere qualche soldo. Riccetto viene presentato in modo che emerga subito una certa strafottenza e una sicura malizia. È spavaldo, quello che si potrebbe definire un bullo. Questa figura e gli altri personaggi del romanzo tornano alla mente visitando la mostra di Paul Harbutt, Bad Boys: benché non vi sia alcun riferimento tra le due opere, entrambe riconducono all’analisi di una realtà, passata e presente, che riguarda la condizione e la condotta giovanile. Si tratta di una riflessione che nel caso di Harbutt si sofferma sui comportamenti socialmente discutibili assunti dai cosiddetti “cattivi ragazzi” e che va oltre, interrogandosi su quelle che sono le reazioni di condanna avute dalla società e le pesanti punizioni da essa stabilite. Viene presentato e trasmesso, dunque, tramite questo lavoro tematico, un discorso importante, quello della violenza che ricade sul mondo infantile, generata a volte da condizioni quali la povertà e lo stress sociale. 

Bad Boys, in mostra presso l’Aranciera-Museo Carlo Bilotti di Villa Borghese fino al 3 Marzo 2013, ospita circa ottanta opere dell’artista inglese sul tema dell’infanzia e dell’adolescenza indagate secondo un aspetto specifico: i giochi e i comportamenti pericolosi. L’esposizione si struttura in un percorso costituito da quattro sezioni: due di queste sono dedicate ai dipinti, una ai disegni preparatori e un’ultima a una scultura che almeno formalmente non sembra strettamente collegata alla mostra. In una sala a parte, la Project Room, Harbutt presenta infatti “The Mirror which Flatters Not”, ovvero “Lo specchio che non fa complimenti”, un teschio umano dalle grandi dimensioni che impugna uno specchio rivolto verso lo spettatore: questi ha così la possibilità di riflettersi e riflettere sul percorso appena compiuto attraverso la mostra, chiudendo una meditazione grazie alla visione di sé e degli altri, compresi quei cattivi ragazzi in cui si è appena imbattuto.

In merito ai dipinti, Achille Bonito Oliva, curatore della mostra, chiarisce come l’iconografia dell’artista affondi le sue radici nella pittura del nord Europa di Bosch e Brueghel, per arrivare poi a Goya e alla Pop Art. Le opere esposte sono il frutto della contaminazione di queste differenti espressività. In particolar modo colpiscono i colori accesi dei dipinti costituiti da diversi materiali: si tratta di lavori realizzati con pittura a olio, resina, tecnica mista e neon su tela.
 


L’esposizione è pensata disponendo i dipinti in due sezioni: vi è la serie al neon e una ad essa succedanea, disposta sulla parete di una lunga sala a corridoio. Si tratta di tele su cui sono impresse fotografie di ragazzi rinchiusi in riformatori, immagini d’epoca che vanno dall’età vittoriana fino all’inizio degli anni Cinquanta. Quello che colpisce sono i colori intensi e vivi che si oppongono a un tema decisamente cupo, volendo con questo contrasto far esplodere il senso di rabbia e dolore provato da quei giovani.

La stessa vivacità di colori attrae nella serie al neon. Il grande impatto che si ha, appena entrati nella sala, è il contrasto tra le scritte luminose che emergono dalle tele e l’ambiente in cui le opere sono collocate: lo spazio è adiacente a un ninfeo, reduce di ciò che un tempo era il museo Carlo Bilotti, ossia la sede del Casino dei Giuochi d’Acqua (questo prima di divenire Aranciera, ovvero il ricovero invernale dei vasi d’agrumi).

Il contrasto prima evidenziato non fa che valorizzare il lavoro di Harbutt, quasi a sottolineare che in quelle opere così contemporanee vi sia qualcosa di passato: rimandi alla storia dell’arte e ad aspetti umani sempre esistiti. Ecco quindi che ci si trova dinanzi a una serie di azioni pericolose compiute dai giovani: si passa da comportamenti rischiosi e dannosi a giochi azzardati. L’atteggiamento che si impone è quello di infrangere la regola. Così ci sono ragazzi che guidano in “Stato di ebbrezza” o le cui sbronze degenerano nell’“Ubriachezza molesta”, quelli che si abbandonano alla “Collera stradale”, gli “Hooligans e teppisti” o quelli che si dilettano in “Brutti scherzi” o ancora in un “Gioco pericoloso”. Una carrellata di cattivi esempi, dunque, trattati però con quell’ironia e quell’umorismo che da sempre contraddistinguono l’artista.

La mostra è visivamente accattivante, colori e forme attraggono svelando successivamente uno scenario concettualmente profondo. Il risvolto sociale di tale lavoro è anche dato dalla realizzazione di un catalogo i cui proventi in parte verranno devoluti all’associazione Save the Children, scelta che riconduce al valore di questa mostra: presentare i Bad Boys ma anche interrogarsi sulle cause e le conseguenze dei loro comportamenti, quali condizioni hanno prodotto quegli atteggiamenti, come e quanto la società li punisca. In questo senso l’opera “Authority and Abuse” è sicuramente la più rappresentativa.

 

 

 

Harbutt: Bad Boys
Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese
19 gennaio 2013 – 3 marzo 2013
Per ulteriori informazioni visitate il sito http://www.museocarlobilotti.it