Musica
[SongList] La città
di Alessio Belli / 31 gennaio
Iniziamo il 2013 con una nuova rubrica. Una rubrica con tanta Musica e poche parole. Anzi, una parola sola a fare da tema e da filo conduttore con i brani accuratamente scelti e presentati nella lista. Ormai fare una degna playlist è un’arte, e noi di InMusica vogliamo proporvi la nostra. Prima parola-argomento chiave: la città. Perché il Potere della musica è anche quello dell’evocazione: suggerire e creare nell’ascoltatore scenari e contesti solo grazie all’ascolto di pochi riff e qualche ritornello. Ogni grande autore o band ha cantato almeno una volta la storia di una città più o meno grande e famosa, usando spesso il brano come pretesto per trattare di qualcosa di più ampio e complesso. Partendo da questa potenza, inauguriamo SongList. Buon ascolto.
R.E.M., “Houston”
Il posto delle promesse e della speranza, soprattutto quando il Presidente si chiama Bush. Sentita dichiarazione politica di un gruppo che tante volte ha espresso disapprovazione e vergogna per le scelte del proprio Capo.
Interpol, “NYC”
La Grande Mela dilaniata dopo l’119. Una metropoli collassata e ferita decantata in maniera struggente, dove le «metro sono un porno e i pavimenti un casino». Gli esordienti Interpol fanno dello smarrimento urbano uno dei loro marchi di fabbrica: saranno gli alfieri della scena indie-rock degli anni Duemila.
Antonello Venditti, “C’è un cuore che batte nel cuore di Roma”
Il cantautore romano ha scritto brani ben più celebrati e famosi dedicati alla Capitale, ma in questa canzone si respira tutta la fortuna ed il privilegio nell’essere un cittadino dell’Urbe. Soprattutto quando «Io esco di casa ed è già mattino e Villa Borghese è ancora un giardino».
The Clash, “The Guns of Brixton”
Primo pezzo scritto e cantato dal bassista Paul Simonon, dalle riuscite sfumature reggae, parla per l’appunto di quanto questa cultura musicale e di vita fosse presente nel quartiere a sud di Londra. L’album da cui è tratta? Ovviamente London Calling…
Rammstein, “Wiener Blut”
Il Sangue viennese è quello scaturito dal tragico fatto di cronaca riguardante Elisabeth Fritzl, segregata e seviziata per più di vent’anni dal padre in un bunker costruito sotto casa. Till Lindemann miscela la sua poesia tragica e gotica alle tematiche più insostenibili. «Seid ihr bereit? / Seid ihr so weit? / Willkommen, in der Dunkelheit!»
Fabrizio de Andrè, “Sidun”
Creuza De Maè un concept album sul viaggio, tra i più immensi in assoluto mai composti, e tra i lavori più grandi mai fatti a livello linguistico in Italia. Con “Sidun” il grande Faber, oltre a parlare di marinai e puttane, riesce a trattare un altro tema a lui molto caro: la guerra. Ascoltando la performance vocale più grande mai registrata dal poeta genovese, è difficile non piangere per la storia di questa madre palestinese che tiene in braccio il suo figlioletto schiacciato da un carroarmato. E il lutto di una città diventa il lutto dell’umanità.
Ringo Starr, “Liverpool 8”
Ovvero: come raccontare la storia dei Beatles dall’interno. Pieno di citazioni e riferimenti alla biografia ormai epica dei Fab Four, questa canzone è una sorta di cartolina nostalgica in cui vengono raffigurati non tanto i membri della più grande band della storia, quanto quattro amici conosciutisi per le vie industriali e proletarie di Liverpool, ignari del destino che gli attende.
Afterhours, “Milano Circonvallazione Esterna”
Fedele alla sua scrittura cancerogena e d’impatto, Manuel Agnelli apre Non è per sempre con il martellante battito di un personaggio ormai alienato e semiannullato dalla città che lo ospita. E Milano diventa così zona per piccole e grandi Iene.
Nirvana, “Frances Farmer Will Have Her Revenge on Seattle”
La Seattle del Grunge è ormai un’icona consegnata agli annali della storia del rock. Kurt Cobain, il suo Messia, ormai logorato dalla vita e dalla musica da lui stesso creata, piazza nella rabbia di In Utero il caotico fragore di un brano criptico. Riascoltare oggi «Ho perso il benessere diventando triste» ferisce più delle mille congetture ipotizzate sulla dipartita dell’Angelo biondo di Seattle.
Il Teatro degli Orrori, “Skopje”
La lettera di un lavoratore macedone emigrato che scrive alla sua famiglia, ancora a Skopje. Uno dei momenti più forti e indimenticabili de Il Mondo Nuovo, dove la band sfoga tutto il noise e Capovilla tutta la sua influenza majakowskiana. Impossibili rimanere indifferenti.
The National, “Bloodbuzz Ohio”
Lo stato chiave delle votazioni presidenziali americane è anche il luogo in cui Matt Berninger dedica uno dei suoi testi più sentiti ed emozionanti. Cantato in modo da imprimersi per sempre. Indimenticabile anche il video.
Tom Waits, “Singapore”
Brano simbolo della poetica di Waits, qui l’artista di Pomona dimostra d’essere perfettamente a suo agio tra cappellai matti, alcolisti, girovaghi e vagabondi. Il fatto d’essere dall’altra parte del mondo non lo disturba minimamente. Il tutto è condito con un accompagnamento musicale capace di portarti repentinamente in quelle strade losche e torve, ma altrettanto piene di vita. Benvenuti nel mondo dei Rain Dogs.
Wilco, “Capitol City”
Bisogna godersi i momenti in cui Tweedy è di buon umore, lontano da antidolorifici ed emicranie. Anche perché la musica sembra guadagnarne. Soprattutto quando passa per Capitol City.
Ministri, “Vicenza (La voglio anche io una base a)”
Da sempre scaltri osservatori dei malaffari italiani, i Ministri del rock descrivono impietosamente il malcostume di un Nord Italia tanto impegnato a ostentare benessere e successo da non considerare le basi militari dietro casa. Tempi bui.