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“Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento” a Padova

di Audrey Lorenzini / 16 aprile

Fino al 19 maggio, il Palazzo del Monte di Pietà a Padova ospita una mostra dedicata alla vita di Pietro Bembo (1470-1547) che è stata al centro delle rivoluzioni della cultura italiana ed europea. Pietro Bembo non è stato solo un grande letterato, ma anche amico di Raffaello, di Bellini, di Giorgione, l’amante di Lucrezia Borgia, il segretario del papa Leone X e un grandissimo collezionista di antichità. La mostra è curata da Guido Beltramini, Davide Gasparotto e Adolfo Tura ed è ideata e organizzata dal Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza. La scelta espositiva non è monografica, ma è una raccolta eclettica che vuole ricreare il paesaggio culturale di questo personaggio attraverso i dipinti degli artisti di cui fu amico e committente, i manoscritti, i gioielli, gli strumenti musicali, le sculture e medaglie che gli sono appartenuti.

La mostra è cronologica, segue la vita di Bembo ed entra prima nella casa del padre Bernardo Bembo, patrizio veneziano. Il visitatore deve solo prendere le audioguide messe a disposizione gratuitamente e lasciarsi portare dalla voce del curatore per notare i dettagli di un quadro o l’annotazione di una pagina e fare un tuffo nel fermento culturale della fine del Quattrocento.

Per capire immediatamente quali erano le opere che possedeva Pietro Bembo, il visitatore si trova davanti il dittico di Hans Memling riunito specialmente per la mostra (il pannello di “San Giovanni Battista” proviene da Monaco e quello di “Santa Veronica” da Washington) presentato in una teca che ne svela il retro: un teschio e un calice avvolto da un serpente. Questi erano i dipinti che Bembo amava insieme a quelli di Jacopo Bellini e di Leonardo da Vinci. La guida attenta di Guido Beltramini ci porta anche a considerare due preziosi manoscritti in latino di Terenzio, che nel 1491 Angelo Poliziano, amico di Lorenzo il Magnifico, paragona al giovane Bembo mentre riporta sul suo volume gli appunti dello studioso. In seguito a questo incontro, Pietro Bembo decide di partire per Messina per studiare il greco antico, e nella città siciliana scrive “De Aetna” nel 1496.
 


Proseguiamo e ci confrontiamo con due dipinti di collezione privata di Bellini con il quale era in tale familiarità da diventare l’intermediario diretto delle commissioni per la marchesa di Mantova Isabella d’Este. In seguito l’audioguida ci porta a notare nel ritratto del “Giovane con il libro verde” di Giorgione (San Francisco, Legion of Honor, Fine Arts Museums) il taglio del guanto del dito medio. La rivoluzione è tutta concentrata in questo dipinto e in questo piccolo libro verde simbolo dell’invenzione di Aldo Manuzio e di Pietro Bembo: il libro tascabile di autori classici. Diventa subito un pregiato oggetto alla moda e questo giovane taglia il suo guanto per poter girare meglio i fogli. Dall’inizio del secolo fino al 1513, Bembo è stato poeta alle corti di Ferrara, di Mantova e di Urbino, dove nasce un amore passionale con Lucrezia Borgia, della quale ricorda «la bella treccia simile a oro». Nel 1505, disserta sulle gioie e i dolori dell’amore alla corte di Caterina Cornaro negli “Asolani”, un successo editoriale che riprende la malinconia dei languidi giovani liberati dalle codifiche ritrattistiche ufficiali dipinti da Giorgione ed esposti con cura e una luce perfetta.
 


Nel marzo 1513, Pietro Bembo viene nominato segretario del papa Leone X. Questo periodo romano è testimoniato dalle opere di Raffaello lasciate a Pietro Bembo come una “Petite Sainte Famille” del Louvre o il “Ritratto di Navagero e Beazzano” con il quale passeggia tra le rovine di Tivoli. Questo rapporto con Raffaello prosegue con un imponente arazzo del Vaticano che ricorda Bembo, esposto però qui in diagonale in una esigua stanza. In questi anni, egli rifonda la grammatica della lingua italiana con le “Prose della volgar lingua”, indicando nel terzo libro in Michelangelo e in Raffaello i tenenti della nuova arte italiana fondata sullo studio dell’antico e definita nello stesso tempo dal linguaggio degli ordini architettonici moderni che domina il gusto occidentale con Serlio, Vignola e Palladio.

Nel 1527, Bembo torna a Padova, dove conserva un “San Sebastiano” di Mantegna, dei libri rari, delle monete antiche e una minuscola gemma di Dioskouridos, intagliatore dell’imperatore Augusto. La sua vasta proprietà diventa un’attrazione nota dagli scrittori contemporanei come museum, la cui dispersione di diverse opere scientifiche rende questa parte espositiva più sfuggente e inadatta a ricostruirne l’immensità. Il viaggio termina all’apice della sua carriera nella Roma di Paolo III Farnese nel 1539.
 


L’idea di raccontare la storia di uno studioso letterario come Pietro Bembo era una vera sfida a non cadere in un eclettismo ermetico: è ampiamente riuscita grazie a una cura e a una scenografia non invasiva, la presenza di capolavori da musei internazionali, dei testi chiari e un’audioguida che ci invita a fermarci anche davanti alle teche dei libri quattrocenteschi o delle lettere manoscritte per capirne il rilievo. La mostra è eterogenea ed esauriente e lascia al visitatore una visione estesa degli impulsi culturali del Rinascimento e di un’arte italiana unita.

 

Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento
Palazzo Monte di Pietà, Piazza Duomo 14, Padova
2 febbraio – 19 maggio 2013
Per maggiori informazioni consultare il sito www.mostrabembo.it