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“Le colpe dei padri” di Alessandro Perissinotto

di Sabatino Peluso / 7 giugno

Come accade con la Storia, è attraverso un cammino a ritroso che si riesce a portare alla luce il profilo completo del presente. Mentre l’adesso inesorabile si compie e delinea l’aspetto del vero, è il dettaglio ciò che viene lasciato senza voce, sacrificato insieme a migliaia di pezzi di realtà obliati quasi sotto il peso di certezze come «io sono qui».

È questo il movimento che anima Le colpe dei padri di Alessandro Perissinotto (Piemme, 2013): dal presente verso l’oblio, attraversando parallelamente una vita e una città che racconta se stessa partendo dagli angoli più nascosti e senza storia, vivi ancora ma soltanto nella memoria. Sotto l’immagine compiuta e di ferro di Torino e di Guido Marchisio – città e uomo come coprotagonisti del romanzo – può infatti esserci un volto sconosciuto che fatica a riconoscersi allo specchio, ma che da dentro preme per uscire allo scoperto e dire «esisto».

Le colpe dei padri entra in medias res nella storia in cui viviamo, smantellando e riedificando quella dei suoi protagonisti: la Torino di oggi, «matrigna» di figli posti dentro e fuori la sua industria, delle case in cui si concretizzano dinamiche sociali che nel passato trovano una continuità e un’attualità innegabile; e Guido, quarantenne direttore aziendale sbattuto da una parte all’altra delle «barriere» che formano e dividono la città, l’Italia e la vita politica degli ultimi quarant’anni.

Ciò che unisce queste due entità è l’attualità, o meglio, la vertigine che essa crea quando si incontra con la vita vissuta e carica di tutta la sua sostanza di quotidiano, pronta però a essere messa in discussione grazie a ciò che non appare, perché non lo si conosce o perché è stato nascosto. Un gioco di reminiscenze che fanno sprofondare lo sguardo nelle pagine del romanzo come si fa nel buio alla ricerca dell’interruttore che illumini una stanza sconosciuta.

Presente e passato rappresentano, come figure ideali, processi sempre in moto, come la crisi e il rinnovamento, l’azione e l’inerzia, e allo stesso modo spiegano e contraddicono una realtà urbana, sociale e umana che non può quindi riconoscersi in se stessa, ma solo interrogarsi. E mentre Torino cerca la sua identità spiegando il suo essere e confrontandosi con un declino innegabile, Guido distrugge e ricrea se stesso grazie all’insinuazione dell’altro sé, che come uno specchio riflette e capovolge; un doppio che, materializzatosi nella sua vita, spinge e rivendica la sua esistenza fino al punto di far cadere ogni certezza, lasciando soltanto un’immagine che non può essere che la stessa, estranea e intima come quell’altra nello specchio.

Con leggerezza e una scrittura ricca di rimandi, contaminazioni, ma anche qualche frase un po’ usurata, Perissinotto dà forma al suo personaggio compiendo un giro antiorario nella costruzione dell’uomo, con l’obiettivo di giungere al suo stato primordiale per poi riguardarlo consapevolmente: «Prima che una mano pietosa le ripassi con l’aerografo caricato a vernice rosa, di umano le statue di cera non hanno che la forma e per quanto il loro creatore si sforzi di dare a esse una postura dinamica, il giallo smorto della cera solidificata le riporta impietosamente alla loro natura cadaverica». Senza memoria l’uomo arriva a smarrire la sua anima e può allora essere chiunque, come una statua di cera pronta ad assumere le sembianze scelte dal suo creatore. Come l’Émile di Rousseau, Guido cresce costretto da quelle fasce che gli hanno reso un’immagine sociale e umana che si dimostra essere nient’altro che un qualcosa di imposto, costringendolo a rivedere il suo concetto di memoria e al tempo stesso di identità.

Le colpe dei padri lavora sul concetto e sulla sostanza della memoria, considerandola come punto di partenza per ciò che siamo o che saremo, investendola del valore di mezzo per raggiungere oggi una consapevolezza che supera il confine personale e arriva a investirci concretamente sul piano della riflessione sociale.

Gira intorno al concetto di Storia e la problematizza mostrandola, ma al tempo stesso mettendo al centro l’arbitrarietà, vista come una delle caratteristiche del genere umano, quanto la sua incompletezza, marcando nelle pagine uno sguardo e una riflessione calibrata sul contemporaneo e le sue dinamiche tanto politiche quanto esistenziali.

Con i temi che arriva a proporre attraverso una storia che inquisisce la realtà e certe trame dell’uomo, Perissinotto giunge di diritto tra i primi dodici selezionati dell’ultima edizione del Premio Strega, lasciando all’Italia, in attesa del verdetto finale della manifestazione, un pezzo di se stessa da leggere e su cui riflettere e, all’uomo, uno sguardo sulla profondità di se stesso.


(Alessandro Perissinotto, Le colpe dei padri, Piemme, 2013, pp. 316, euro 17,50)