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“Paradiso amaro” di Tatamkhulu Afrika

di Serena Agresti / 10 giugno

«Mi tocco la cicatrice sulla guancia, che pulsa, come se la pelle, morta da tempo, fosse improvvisamente risorta. […] È tutto un abbaglio della mia mente? Sto attribuendo a un fantasma un potere che è soltanto mio? Che importanza hanno una guerra che il tempo ha domato, relegandola alla banalità di qualsiasi altra guerra, e la stranezza di un amore che è meglio non riportare alla luce? […] E abbasso il viso nel vuoto delle mie mani».

Dopo cinquant’anni la vita placida e composta di Tom è scossa dall’arrivo di due lettere e un pacchetto provenienti dall’Inghilterra. L’Inghilterra è Danny, è il paradiso amaro dei tre anni vissuti nei campi di prigionia per soldati alleati, trasportati dal Nordafrica all’Italia e infine in Germania. Il campo di concentramento divenuto in quegli anni il loro mondo, la loro realtà organizzata secondo quel microcosmo fatto di espedienti e di equilibrio precario, dove, afferma Tom, «la morte per fame è uno spettro non più lontano della faccia del mio vicino, e il suo alito sa di cadavere». Ma l’essere umano è un animale sorprendente che sa trovare nell’indigenza la forza per creare una stufa dal nulla, per dedicarsi al teatro, alla cultura e soprattutto non smette mai di generare e provare emozioni.

Paradiso amaro di Tatamkhulu Afrika, edito da Playground nel 2006 e ristampato nei primi mesi del 2013, nasce dall’esperienza realmente vissuta dall’autore sudafricano, ancor prima di trascorrere undici anni nello stesso carcere di Nelson Mandela.

Tatamkhulu Afrika è un poeta ed è evidente dalla sua scrittura. Inizialmente si è colti da una sorta di stupore, interdetti forse dalla commistione insolita di crudo realismo e dolcezza, poi si inizia ad apprezzare e ammirare questa lingua intensa e precisa (evidentemente molto ben tradotta da Monica Pavani). Non divaga inutilmente e all’improvviso esplode in un’immagine terribile di pazzia o di orrore o ti avvolge in un’intima atmosfera di pelle nuda e tenerezza. Queste contrapposizioni sono presenti in tutto il libro a partire dal titolo, e il rapporto tra i due protagonisti, Tom e Danny, s’innesta in quest’equilibrio delicato. La loro intesa immediata cresce tra dialoghi ruvidi e fragili sorrisi, diventando amore profondo manifestato nella più semplice quotidianità di un sostegno reciproco. È forza straordinaria per sopravvivere.

Paradiso amaro ha il coraggio di andare oltre le convenzioni con naturalezza e di affidarci la carne nuda dell’uomo, privo delle maschere sociali. Finito questo libro ci si sente svuotati e ricchi insieme, per un po’ sospesi a chiedersi: che cosa leggerò stanotte?


(Tatamkhulu Afrika, Paradiso Amaro, trad. di Monica Pavani, Playground, 2013, pp. 218, euro 15)