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[NTF6] Considerazioni conclusive sul Napoli Teatro Festival 2013

di Francesco Bove / 4 luglio

Il Napoli Teatro Festival, anche quest’anno, ha fatto parlare di sé. In negativo – il caso dello Spopolatore di Peter Brook – o in positivo – gli spettacoli previsti dal Fringe Festival – come ogni grande festival. Eppure la verità è che di rivelazioni ce ne sono state ben poche ma non si sono avute nemmeno quelle conferme che ci si aspettava. Difficile fare il punto della situazione. Sicuramente è stato un festival contraddittorio, con alcune scelte opinabili. Inutile fare nomi e cognomi, molto meglio cercare di capire che cosa sta succedendo, in questo periodo storico, in Italia, sul piano culturale. La domanda da porsi è questa: il teatro è morto oppure è tutta colpa delle direzioni artistiche? Perché siamo di fronte a un bivio: se i festival hanno il ruolo di scoprire talenti, proporre spettacoli di qualità e dare allo spettatore un’immagine di quel che sta capitando in Italia e nel mondo, dal punto di vista culturale, stiamo fallendo. E stiamo seguendo in piena regola i dettami beckettiani: stiamo fallendo sempre meglio. Non credo sia un problema solo legato al Teatro Festival partenopeo, è anzi abbastanza diffuso lungo lo stivale. Purtroppo se ne parla poco, e anche male, e sicuramente un articolo come questo non può affrontare tutti i problemi che attanagliano la situazione artistica italiana. Ma evidentemente non c’entrano nulla la crisi economica e la mancanza di fondi: qui c’è una crisi di idee! Il teatro viene visto sempre più come mestiere, e sempre meno come una possibilità, ed è imbarazzante. Come volevasi dimostrare, infatti, è stato il Fringe a offrire le cose migliori. Da Edipo a Terzigno fino ad Andrea Cosentino passando per i 248 kg di Esiba Teatro. E il festival principale? Una noia mortale tranne rare eccezioni, come La classe di Garella, un momento davvero indimenticabile.

Inutile puntare il dito solo su De Fusco, direttore artistico del Festival, è l’intero sistema che sta affondando. E, con esso, lo spettatore che sta sviluppando una coscienza critica totalmente falsata da quel che viene proposto. Non riesce più a distinguere ciò che è buono da ciò che è scadente, proprio perché oggi, nei cartelloni teatrali, nei principali festival, gli spettacoli non vengono proposti in base a criteri qualitativi. È il concetto di direzione artistica che andrebbe rivisto. E dovrebbe essere il primo passaggio verso un cambiamento radicale imperniato soprattutto sulla qualità di una proposta teatrale.