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“La casa degli scambi” di Alberto Mussa

di Giuliana Pagliari / 15 gennaio

«Non è la geografia, non l’architettura, non sono gli eroi e neppure le battaglie, né tanto meno la cronaca di costume o le immagini nate dalla fantasia dei poeti: ciò che definisce una città è la storia dei suoi crimini».

Come afferma lo stesso Alberto Mussa nell’incipit del romanzo, La casa degli scambi (E/O, 2013) si propone di raccontare Rio de Janeiro attraverso diversi crimini che avvengono, e sono avvenuti in passato, al suo interno.

Il delitto che apre il romanzo è quello del segretario della presidenza della Repubblica, che viene trovato misteriosamente assassinato in una stanza della cosiddetta Casa degli Scambi, apparentemente una clinica privata gestita dal Dottor Zmuda, in realtà un sontuoso bordello dove si intrattengono amori clandestini e ogni tipo di scambi e combinazioni fra i partecipanti.

Contrariamente a quanto si possa pensare, i frequentatori abituali possono essere molto diversi fra loro, tanto che gran parte della borghesia di Rio de Janeiro di ritrova periodicamente alla Casa degli Scambi con la peggiore malavita, seppure l’anonimato sia garantito dai cappucci che il Dottor Zmuda fa indossare a ogni ospite.

Le indagini sulla morte dell’illustre segretario sono affidate al poliziotto Baeta, perito dattiloscopico, l’unico a Rio de Janeiro in grado di scovare e identificare le impronte digitali su una scena del crimine, nonché assiduo frequentatore della Casa degli Scambi, quindi apparentemente l’unico in grado di risolvere lo spinoso caso.

Da questo filone centrale parte una scorribanda che ci mostra gli angoli più reconditi e le tradizioni più antiche della metropoli, dai crimini della comunità dei capoeristi – con un’attenzione particolare alla storia dell’affascinante Aniceto – ai servigi di Rufino, uno stregone potentissimo, capace di usare le forze della natura per esaudire ogni desiderio, ovviamente dietro adeguato compenso, alla bella Fortunata, la prostituta della Casa degli Scambi che era in camera con il segretario, misteriosamente scomparsa subito dopo il delitto.

Eppure La casa degli scambi non tratta solo del delitto del segretario della presidenza della Repubblica, anzi, Alberto Mussa – brasiliano di origini libanesi – collega sapientemente il fatto di cronaca con tanti altri avvenuti nel passato nella stessa Rio de Janeiro, alcuni risalenti addirittura a prima che la stessa città fosse fondata, in modo da creare un filo conduttore di crimini che, come sostiene, definiscono ogni città e ogni popolazione.

Interessante è anche la riflessione che l’autore porta avanti, tramite il Dottor Zmuda, sui comportamenti sessuali e sulle preferenze degli avventori della Casa degli Scambi.

Analizzando gli atteggiamenti di tutte le persone che passano per la sua clinica, chi saltuariamente e chi periodicamente, il Dottor Zmuda ha iniziato a scrivere trattati sull’origine di particolari desideri, posizioni e perversioni, collegandole a diversi aspetti della natura umana e all’evoluzione della stessa umanità, la quale porterebbe, secondo lo studioso, a una regressione continua dei gusti sessuali al fine di sradicare quei tabù e quelle imposizioni morali che hanno tarpato le ali alla fantasia e all’immaginazione propria di un passato più selvaggio.

In un vortice di personaggi, storie, leggende passate e indagini contemporanee, Alberto Mussa ci fa scontrare violentemente con Rio de Janeiro, senza giri di parole per indorare la pillola, solo  con la volontà di mostrare la verità, ché la bellezza di una città risiede anche nell’efferatezza dei suoi crimini, nei sui vicoli bui e nei riti magici perpetrati in cimiteri isolati.

(Alberto Mussa, La casa degli scambi, trad. di Paola Vallerga, edizioni E/O, 2013, pp. 208, euro 18,50)