Musica
“Obtorto collo” di Pierpaolo Capovilla
di Alessio Belli / 13 giugno
Obtorto collo: ovvero, dove Capovilla fa Capovilla. Bel personaggio il leader de Il Teatro degli Orrori. Emblema del rock noise con gli storici One Dimensional Man, ora cantante di una delle band di punta del panorama alternativo italiano, più una sterminata serie di reading e iniziative poetiche e letterarie. La sua fama – nel bene o nel male – lo precede: la furia delle smorfie, la carica e la potenza delle parole, il carisma unico dei live. Ora Pier Paolo Capovilla esce con Obtorto collo, l'esordio solita. Già il titolo è tutto un programma. Ma procediamo con calma. Il tempo delle prime anticipazioni e già gli addetti ai lavori e seguaci iniziano a vociferare. Dopo il video del primo singolo “Dove vai”, le accuse d’essersi venduto, cosa gli abbia detto il cervello e soprattutto perché mai si sia truccato.
Si, è vero: il primo impatto non è dei migliori, ma Obtorto collo è ben altro. Fortunatamente. Qui Capovilla scatena tutte le sue passioni e vocazioni concedendoci le sfumature caratteristiche del suo essere. “Dove vai”, tornando al discorso precedente, è comunque un pezzo che funziona, dove l’impostazione teatrale della voce e il tipico testo fatto di domande, esortazioni e frasi secche e incise ormai tipiche a là Capovilla si manifestano palesemente. Musicalmente Obtorto collo è lontanissimo dal Teatro: figuriamoci dagli One Dimensional Man. Le influenze sono ben poco velate. Tom Waits, quello di Swordfishtrombones e Rain Dogs, per il vagabondaggio metropolitano e le percussioni di sottofondo. Poi Nick Cave e il venerato Scott Walker.
Emblematica l’iniziale “Invitami”. Una proposta scarna, spesso brutale ma con picchi di languida dolcezza. Dolente e sentita. Dopo la già menzionata “Dove Vai”, una chitarra accompagna “Il cielo blu”, altro brano incentrato su una figura femminile ma con spinte più pop. Molto belli i fiati finali in “Come ti vorrei”, mentre poco a poco viene fuori un ennesimo tratto caratteristico di Capovilla: l’impegno civile. “Irene” e “Quarantadue ore” ne sono un doloroso quanto necessario apice. La nuova “Skopije” è “Budapest”, mentre non mancano le citazioni letterarie alte di Pavese e Zanzotto nelle conclusive “La luce delle stelle” e “Arrivederci”.
Prodotto da Takete Gohara, con qualche incursione del compagno di viaggio Favero, Obtorto collo è album impeccabile dal punto di vista della produzione e della compattezza musicale. I testi sono slanci d'amore e lotta di uno chansonnier romantico, alcolico e quietamente dolente. Chi ama da sempre Capovilla avrà qui modo di godersi il suo assolo. Ma se siete tra i detrattori, questo non è il modo migliore per cambiare idea.
(Pierpaolo Capovilla, Obtorto Collo, 2014, La Tempesta/Virgin)