Cinema
“Big Wedding” di Justin Zackham
di Francesco Vannutelli / 27 giugno
Big Wedding, ovvero l’ennesima occasione di riunire un grande cast di vecchie e nuove stelle del cinema per offrire un prodotto che non ha assolutamente niente di originale da raccontare. Si può tranquillamente riassumere così la commedia del 2013 diretta da Justin Zackham che arriva nelle sale italiane con un anno di ritardo rispetto alla distribuzione statunitense.
I giovani Alejandro e Missy stanno per sposarsi con una grande cerimonia nella villa della famiglia di lui. Adottato quando era solo un bambino per essere sottratto alla miseria in Colombia, Alejandro è stato cresciuto da Don Griffin, scultore dedito all’alcol, e dalla moglie Ellie, un po’ ebrea un po’ buddista che viaggia alla ricerca di se stessa e dei segreti del tantra, insieme ai due loro figli naturali. Da vent’anni Don ed Ellie non stanno più insieme, lui vive con Bebe, che un tempo era la migliore amica di Ellie, e il matrimonio è l’occasione per rivedersi tutti insieme. Non solo rivedersi: per non scandalizzare la cattolicissima madre naturale, invitata al matrimonio con la sorella mai conosciuta, Alejandro non ha mai raccontato del divorzio dei genitori adottivi. Nei giorni in cui sarà ospite da loro, Don ed Ellie dovranno far finta di essere la coppia felice che non sono più, mentre ognuno dei loro figli avrà modo, in un solo week end, di confrontarsi con i problemi di tutta la vita.
La famiglia Griffin di Big Wedding è interpretata da gente come Robert De Niro, Diane Keaton, Katherine Heigl, Topher Grace e Ben Barnes. Susan Sarandon è Bebe, Amanda Seyfried è Missy. C’è anche posto per Robin Williams nei panni del prete che deve celebrare il matrimonio. Un prete che inizia intransigente con il giovane Alejandro, non credente e immigrato, quindi esterno alla comunità, per poi rivelarsi anticonvenzionale, ex alcolizzato e tutt’altro che fissato con i canoni della liturgia. Non è un cambio di direzione, è solo una delle tante, ingenue, contraddizioni che Zackham ha buttato nella sceneggiatura per risolvere piccole svolte cercando di insistere sul pedale della trasgressione.
All’origine, Big Wedding sarebbe il remake di una commedia francese del 2005, Mon frère se marie, che già di suo non era un film memorabile. L’idea del rifacimento era quella di accumulare grandi nomi tra vecchie glorie e giovani di successo, o comunque noti per il piccolo schermo, secondo un modello che trova vari, redditivi, esempi (Mamma mia, la serie di Ti presento i miei). Funziona per i primi dieci minuti. Gli scambi tra De Niro e Diane Keaton e l’ipocrita cordialità femminile con Susan Sarandon chiamano qualche sorriso nei minuti iniziali, poi Big Wedding prosegue in un susseguirsi di situazioni tra il comico e il drammatico basate esclusivamente sull’equivoco. C’è il fratello che vuole conservarsi vergine per il vero amore e resiste alle tentazioni di infermiere vogliose per perdere la testa per la sorellastra colombiana, la sorella realizzata sul lavoro ma incapace di costruire una famiglia, o almeno che crede di esserlo, i due ex coniugi che dietro l’ostilità ritrovano una passione che è solo affetto, e una rete di tradimenti incrociati che si sfalda nel finale caotico, affastellato e stupido.
È chiaro, Big Wedding non pretende di essere altro che puro intrattenimento in una forma tradizionale come la commedia familiare, e nuziale, sporcata con quelle che vorrebbero essere macchie di trasgressiva malizia. Non pretende in alcun modo di essere altro dal prodotto di consumo classico, dal film strappa risate destinato ad essere dimenticato non appena si lascia la sala. Se però le risate non riesce a strapparle, se non in rari momenti, se si perde in considerazioni trite e ritrite sul valore del matrimonio, sull’amore che va oltre i legami di sangue, sull’irresponsabilità del padre e l’indipendenza delle donne forti che si cementa nella condivisione, l’obiettivo non viene raggiunto e non bastano gli interpreti a sconfiggere la noia.
(Big Wedding, di Justin Zackham, 2013, commedia, 89’)